C’è una parola che ritorna, in modo silenzioso ma sistematico, in ogni documento strategico dell’Unione Europea. Compare nei regolamenti, nei piani di emergenza, nei programmi finanziari. E secondo alcuni osservatori, non è affatto un dettaglio tecnico: è il segnale linguistico di un cambiamento strutturale, profondo, che riguarda la sovranità stessa degli Stati membri.
In particolare nel documento Acting on Defence to Protect Europeans, questa parola è presente proprio in relazione al trasferimento di competenze cruciali dagli Stati alla Commissione Europea. Un trasferimento silenzioso, ma potenzialmente irreversibile.
«La parola preparedness– come spiega l’Avv. Holzeisen – significa che gli Stati devono iniziare a spendere in anticipo, anche indebitandosi, per prepararsi a scenari definiti a livello europeo. E guarda caso, per acquistare armi ora ci si può indebitare liberamente, mentre prima esisteva un Patto di Stabilità che puniva chi sforava. Ora non più. Perché?»
La questione non è solo economica ma profondamente politica: «Ci raccontano che è per il bene comune, ma in realtà è l’ennesimo strumento per togliere voce ai cittadini e agli Stati, con la scusa dell’efficienza o della prevenzione. Il trucco è linguistico. Cambiando il lessico, cambiano anche i poteri».
Un allarme chiaro: se le parole che leggiamo nei documenti sembrano neutrali, è proprio in quelle che si nascondono le trasformazioni più insidiose. E se non ci sarà una reazione democratica forte, il rischio è che anche il futuro venga scritto altrove. In silenzio.
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