Mi trovo a Formello, un po’ oltre Formello, più o meno in mezzo al nulla; c’è una serie di partite tra squadre giovanili: cominciano i bambini, poi tocca ai ragazzini, a salire.
Un papà, voce a ultrasuoni e piglio (inteso anche come Cesanese, il vino) da team manager, genitore di uno dei “calciatori” della squadra di casa impegnati in quel momento contro i bambini dell’Astrea – sette contro sette, anno di nascita 2015 – invita suo figlio e i compagni a entrare in scivolata in modo da prendere palla o gamba. Non duro, non energico: proprio in modo da far, all’occorrenza, male all’avversario. Nel mentre, si duole, costernato, del fatto che il mister (fino ai 2012 la direzione di gara è affidata ai due allenatori) non si faccia sentire, che non rivendichi i calci di punizione che i suoi devono accaparrarsi, o dipendentemente dal fatto che ci sia o meno l’infrazione. Soddisfatto, si guarda intorno alla ricerca del consenso, in cuor suo deprecando quei genitori che si limitano a guardare la partita e a incoraggiare i propri figli, senza predicare aggressività o invocare entrate alla Passarella.
Una cosa alla quale non fa caso, il non richiesto e per questo particolarmente rumoroso “motivatore”, è che suo figlio da un bel po’ di minuti non ha più l’espressione di chi, divertendosi, cerca di impegnarsi al massimo: il bambino ha i lineamenti stravolti da una triste e a suo modo ridicola maschera di obbligatorio (poiché obbligato dal genitore) agonismo.
Sullo sfondo, urla di mamme e nonne rapaci che invocano – Era falloooooooooooo… – anche se nel mentre due ragazzini avversari si stanno dando amichevolmente la mano.
Una volta di più, come sa chi frequenta ogni settimana i campi dove si disputano le partite delle giovanili, viene da pensare che le società che pretendono allenamenti a porte chiuse e che quando possono adottano questa misura anche per le partite, tutelano l’educazione civica e sportiva dei ragazzi che vogliono crescere sui campi di calcio. Torna in mente, ca va sans dire, anche la mitica frase di Paolino Pulici: – La squadra ideale è una squadra di orfanelli -.
Paolo Marcacci
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