I crediti incagliati, legati al cosiddetto super bonus, rischiano di essere riclassificati da Eurostat, minacciando il programma. La scadenza del 30 novembre è cruciale, in quanto rappresenta l’ultima opportunità per comunicare all’Agenzia delle Entrate l’eccessione dei crediti fiscali maturati nel 2022 e serve anche a valutare l’entità dei crediti non ceduti, che potrebbero essere persi oppure rimanere inutilizzati. L’Agenzia delle Entrate ha segnalato un’enorme quantità di operazioni, ma solo una parte di questa è compensata nell’F24, dimostrando cioè la necessità di cessioni più significative.
Tuttavia le banche sembrerebbero restie a impegnarsi in cessioni di ampio respiro, preferendo soluzioni più caute e a più lungo termine. Inoltre l’Eurostat ha sollecitato chiarimenti all’Istat sulla classificazione dei crediti cosiddetti incagliati, minacciando di considerarli non pagabili se non ci saranno delle cessioni. E questa situazione che vi sto raccontando mette in pericolo il superbonus e costringe quindi i contribuenti a utilizzare i crediti entro l’anno.
La situazione quindi dei crediti incagliati del superbonus sembra essere diventato ormai un dedalo, un labirinto di complesse normative e scadenze ormai incombenti, con un Eurostat minaccioso come se fosse custode di un tesoro e le banche nel frattempo sembrano affacciarsi in modo molto timido sul mercato dei crediti, come se avessero proprio paura di toccare quell’oro. E mentre i contribuenti si dibattono tra cessioni e proroghe, non invidio quei commercialisti che hanno il problema di cercare di risolvere questo enigma fiscale per i loro clienti.
La situazione ormai quindi è una situazione nella quale la complessità delle regole è ostile al cittadino e all’imprenditore. Io penso che gran parte del nostro tempo venga dedicato a questioni che non sono quelle di produrre reddito. Da docente di strategia vi dico che il primo compito di un’impresa è quello di produrre valore.
Valore per gli altri, ma prima di tutto per sé, per gli azionisti, i dipendenti eccetera. E se noi non ritorniamo a questa visione sacra dell’economia che è scritta fin dai tempi di Adam Smith e non la smettiamo di avere delle posizioni ideologiche, noi continueremo ad avere della gente che non produce reddito e poi dopo avremo il problema delle famiglie che non riescono a pagare le rate di mutui.
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