L’obbligo di raccolta di 70mila firme mette in crisi piccoli partiti e movimenti. E ormai sono in molti a considerare scorretto, se non addirittura incostituzionale, il meccanismo. Tra questi, Fabio Duranti.
“È caduto un Governo che non aveva alcun interesse a continuare perché non si sarebbe preso la responsabilità dell’autunno e aveva paura di arrivare alla prossima primavera con altre forze che nel frattempo si sarebbero potute organizzare. Quindi dovevano chiudere subito e andare a elezioni, senza dare il tempo alla gente di organizzarsi. In un Paese civile il popolo, dopo aver subito tutto quello che ha subito, si sarebbe ribellato, chiedendo di dare la possibilità ad altre formazioni e a un’opposizione reale di ricostruirsi perché questa è la democrazia. L’atteggiamento italiano tipico, però, come diceva Montanelli, si riassume nel ‘finché non capita a me è come se non capitasse a nessuno’: non c’è più la mutualità che invece nell’immediato dopoguerra c’era”.
“Hanno raggiunto il loro scopo: con il divide et impera hanno creato tutta una serie di gruppettini dove ognuno si fa l’orticello proprio e spera in un posticino, ma non capiscono che alla fine, con questa legge elettorale, il posto sarà solo per il ‘leaderino’ che sostengono, non per tutti loro. Invece, sarebbe stato opportuno creare una sorta di movimento culturale con persone sagge, a questo punto non politico, cosa che credo che qualcuno farà. Dividersi è stupido. Poi è assurdo pensare di far raccogliere in un mese 70mila firme: è chiaro che è una sorta di ostacolo. Il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto considerare l’eccezionalità della situazione e derogare per includere le forze che è giusto si misurino con le altre. Questo è il pluralismo“.
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