Tutte le bugie filoeuropeiste. Ricchezza, lavoro e benessere. Nel febbraio 1992, quando venne ratificato ufficialmente il Trattato di Maastricht, la Comunità Europea si trasformò in Unione Europea portando dietro una scia di promesse faraoniche inoltrate ai cittadini dei dodici Stati membri all’epoca.
Sono passati esattamente 30 anni e, come confermano i dati statistici proposti e spiegati nel dettaglio dal Professor Valerio Malvezzi e dai suoi collaboratori, l’andamento del PIL pro capire reale italiano ha sostanzialmente subito una diminuzione costante e fin troppo evidente. L’altra tappa cruciale della debacle economica dello stivale coincide con il 2002 e con l’ingresso dei paesi del Vecchio Continente nel falso mito della moneta unica. L’Euro e i suoi nefasti risvolti cresciuti all’alba del nuovo millennio.
“Cosa resterà di questi anni ottanta…” cantava Raf. Il velo nostalgico diventa ancor più avvolgente ripensando appunto a quel contesto finanziario e sociale del nostro paese, in cui tutto era possibile. I progetti della vita non erano miraggi utopistici. Formare una famiglia, trovare un lavoro stabile, accumulare un cospicuo risparmio per investimenti futuri. Insomma, i nostri genitori vivevano una realtà totalmente diversa dalla stretta e triste attualità.
“Oggi vi parlo del trentennale della nostra entrata nel mondo dell’Unione Europea. Prima domanda: cosa è successo in questi 30 anni di Maastricht? Nel grafico 1 parliamo del PIL pro capite reale. In pratica osserviamo quanta ricchezza ha ogni cittadino rispetto alla produzione del Prodotto Interno Lordo. Il grafico fa vedere quello che è il reddito medio dell’eurozona (linea rossa) dal 1960. Ricordo che a Roma, nel 1957, si decise di parlare per la prima volta di Europa. Potete vedere che la curva blu (quella dell’Italia) sale dal 1960 e ad un certo punto, dal 1980, diventa in linea con l’eurozona. Vuol dire che all’inizio degli anni ottanta noi eravamo ricchi come tutti gli altri più ricchi europei. Poi cosa succede? La curva della ricchezza italiana negli anni ’80 cresce fino al 1991-92 quando, a quel punto, c’è Maastricht. Successivamente abbiamo ancora una crescita fino più o meno al 1996. L’anno dopo, guarda caso, la curva crolla dal 1996 al 2000. Nel 2002 arriva l’Euro e, da quel momento, vedete che crolla la ricchezza pro capite di ogni cittadino italiano“.
“Nel secondo grafico vi dimostriamo un’altra falsità. I cittadini italiani si sentono dire: ‘Grazie all’Unione Europea siamo diventati più ricchi’. La curva blu rappresenta i soldi dati da noi all’Unione Europea, la curva verde rappresenta i soldi che noi abbiamo ricevuto dall’UE, la barra rossa ci dice se siamo in surplus o in deficit. Nel 2020 l’Italia ci ha perso, nel 2001 l’Italia ci ha perso, nel 2002 l’Italia ci ha perso, nel 2003 l’Italia ci ha perso, nel 2004 l’Italia ci ha perso. Noi abbiamo cumulato una posizione netta di credito nei confronti dell’Unione Europea di circa 110 miliardi. Quindi smettetela di sentirvi sempre baffi neri e mandolino da questa retorica che fa vedere sempre gli italiani come evasori, perché noi abbiamo dato all’UE in questi 20 anni molti di più di quello che abbiamo ricevuto“.
“Nel terzo grafico faccio vedere quello che succede con la disoccupazione. Grecia, Italia, Francia e Spagna hanno tassi di disoccupazione aumentati negli ultimi 30 anni. L’unica ad avere un lieve miglioramento è stata la Germania ma anche lei, da prima a dopo l’introduzione dell’Euro, ha accusato un periodo di disoccupazione. E’ evidente che poi la Germania, dal 2001 al 2020, ha avuto un beneficio maggiore della situazione Euro. Perché la moneta è sottodimensionata per i tedeschi, mentre per noi è sovradimensionata. La sintesi però è: a me interessa vedere cosa è successo all’Italia. Si diceva che entrare nell’Euro ci avrebbe dato più posti di lavoro, ma non è assolutamente vero“.
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