Allarme libera informazione. Un sistema già sofferente di una malattia cronica contratta a causa delle politiche del passato rischia ora di subire il ko tecnico. A prescindere dall’universo mediatico nazionale, sarebbe una bastonata per l’intero Paese che direbbe addio a un polmone della democrazia, quello che alimenta i territori. Un po’ come se il nostro organismo perdesse un organo vitale per il suo funzionamento. Il colpo decisivo potrebbe arrivare per le emittenti televisive locali, in Italia circa 450, sulle quali incombe un imminente pericolo di chiusura della propria attività editoriale.
Le cause possono essere sintetizzate in tre ordini di motivi: mancanza delle frequenze, elevati costi d’affitto della capacità trasmissiva necessaria a diffondere i programmi con il nuovo standard DVB-T2, la ripartizione ingiusta del “fondo per il pluralismo dell’informazione e nuove tecnologie” (DPR 146/17). A denunciare lo stato di crisi dei media locali, indotta da una gestione quantomeno discutibile da parte del potere, è su tutti Antonio Diomede, presidente della Rea – Radiotelevisioni europee locali. L’associazione ha lanciato una petizione con la quale si invita “Il Capo dello Stato e gli Organi parlamentari affinché intervengano per porre fine all’odissea dell’emittenza locale e per il rispetto della Costituzione, articoli 21 e 41, della quale sono garanti”.
L’intervento di Antonio Diomede, ospite in diretta di Fabio Duranti e Francesco Vergovich a Un Giorno Speciale.
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