Il primo anno del vaccino anti Covid-19 ha portato obblighi, incertezze e fiumi di polemiche. Nonostante i moniti arrivati da una parte della comunità scientifica non allineata e messa sempre più ai margini, Scienza e Governo hanno seguito imperterriti l’unica strada possibile. Dall’inizio della campagna di somministrazione le maglie si sono progressivamente ristrette per chi aveva esercitato la propria libertà di scelta: in primis per gli operatori sanitari costretti all’inoculazione come altre categorie, poi per l’intera popolazione attraverso il Green Pass, infine con l’obbligo per gli over 50 introdotto in principio di 2022.
Oggi lo strato di popolazione non vaccinata è davvero marginale (circa il 10% i non inoculati con età superiore ai 12 anni). Una cifra minima di italiani, tuttavia sufficiente a far suscitare la preoccupazione non solo della classe dirigente nazionale ma anche delle case farmaceutiche. L’incubo di queste ultime, infatti, potrebbe essere rappresentato proprio dalle persone che permangono nella possibilità di non “benedirsi”. Non tanto perché riducono i loro guadagni: la motivazione, per Alessandro Meluzzi, andrebbe ricercata invece nel lungo periodo, proiettandosi in prospettiva a quando ci sarà una tale mole di dati da permettere una comparazione più completa tra vaccinati e non vaccinati. Eliminare il bastone tra le ruote diventa quindi obiettivo primario per Big Pharma.
La considerazione sul pericolo derivante dal gruppo di controllo è stata approfondita in diretta dallo psichiatra e psicoterapeuta insieme a Fabio Duranti. Ecco l’intervento ai microfoni di Francesco Vergovich.
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