La cattiva lira e il buon euro. La fotografia mediatica dell’economia italiana è costantemente improntata su questo principio: una mezza verità che è divenuta quasi un dogma tra le pagine dei quotidiani nazionali più accreditati. Solo mezza, però, perché poi occorre tralasciare la chimera del sogno europeo, e tornare ai numeri.
La domanda “Sì, ma le politiche unitarie sono servite?” qualcuno dovrà pur farsela dopo trent’anni di sogni e speranze europee.
Se la fa pragmaticamente il prof Valerio Malvezzi, che però deve fare i conti con la risposta data sistematicamente in questi casi: “Eh, ma se non ci fosse stato l’euro staremmo peggio!“, si dice ormai con la prontezza di un orologio a cucù, tanto siamo imbevuti di concetti economici divenuti religiosi.
Per questo si chiamano “Pillole di eresia economica” quelle presentate a ‘Un Giorno Speciale’ da Malvezzi: perché guardando col cannocchiale dei numeri scopriamo che tutta questa stabilità e benessere, l’euro non le ha proprio portate.
Ne è un esempio macroscopico il PIL pro capite reale dal 1970 al 2021, che conosce il suo vero declino intorno ai primi anni 2000 (altro che “tutta colpa della crisi mondiale”), con buona pace del ministro Brunetta che non vede “nessuna correlazione” tra la stagnazione economica e la nuova moneta. Diamo un’occhiata al grafico che inchioda l’euro davanti alle sue responsabilità.
L’«Italietta» con la lira era davvero messa così male? Come ha reagito il PIL pro capite dopo l’introduzione dell’Euro?
Questo è il grafico con cui io ho risposto al Ministro Professor Brunetta. In un recente evento, dice l’Onorevole Brunetta, in un convegno dell’Anci che gli ultimi vent’anni sono stati gli anni dell’euro poi si è corretto dicendo che non c’è nessuna correlazione con lo stesso euro.
Prendendo una serie storica dal 1970 noi praticamente abbiamo 50 anni. Penso che questo grafico sia meraviglioso per far capire alla gente cosa è successo sul PIL pro capite per ogni cittadino italiano, a prezzi costanti vuol dire già tolto l’effetto inflazione. In questo grafico c’è una crescita continua, sistematica di tutti gli anni e sono gli anni della liretta. Poi a un certo punto questa curva si spezza. Noi, per 30 anni diventavamo più ricchi ogni anno, poi la curva ha cominciato a flettersi e poi a invertire la rotta, a perdere e diventavamo sempre più poveri. Mi dispiace per l’Onorevole Brunetta ma, combinazione, l’anno in cui si spezza questa curva, su 50 anni è proprio il 2002. Quando cioè siamo entrati nell’euro, tra il 2000 e 2002.
Dall’introduzione dell’Euro com’è variato il PIL pro capite reale nei principali Paesi europei?
Quale paese europeo è quello che ne ha avuto un danno maggiore? E’ evidente che sto parlando dell’Italia. In 20 anni di euro l’Italia è quella che ha visto perdere il 10% del PIL pro capite. Perfino la Grecia ha fatto meglio di noi.
Di conseguenza come hanno reagito le famiglie italiane in termini di risparmio?
Prima abbiamo visto, dagli anni ’70 al 2020, che cosa è successo con il PIL pro capite italiano. Siamo cresciuti sempre fino al 2002. Qui vi faccio vedere una cosa, il risparmio. Il risparmio italiano sale dal 1970 fino al 1982-83, poi a un certo punto si flette. Come mai? Perché nel 1981 ci fu una decisione storica del rapporto tra Banca di Italia e Ministero del Tesoro, in cui noi abbracciamo delle teorie che sono quelle che oggi vanno per la maggiore cioè le teorie neoclassiche monetariste in cui non doveva esserci più l’obbligo della banca di Italia di comprare i titoli di Stato italiano ma questi dovevano essere collocati sul mercato al miglior offerente. Dirò di più: al peggior offerente.
Con questa brillante idea, che dura da 40 anni e nessun Parlamento ha tempo di occuparsi di quella cosa lì e si occupano di tutte le altre materie sociali, sociologiche, biologiche di ogni genere e non si occupano di questa cosa che è gravissima.
Poi ci sono altre due tappe fondamentali che ho segnato: 1992, Maastricht e 2001, l’introduzione dell’Euro. Difatti il risparmio degli italiani, sarà un caso per carità, è stato praticamente distrutto e il baratro si scatena proprio quando decidiamo di entrare nell’Euro.
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