Il sostegno praticamente unanime al Presidente del Consiglio Draghi si può capire in termini partitocratici e utilitaristici per ragioni di cinismo politico. Se tuttavia nel Group of Thirty di cui il Premier è autorevole rappresentante si scrive il documento “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid” nel quale si indica la priorità nella salvezza del settore corporate e non delle piccole imprese, qualche dubbio per l’analista indipendente appare più che legittimo. La “creative destruction” cioè la distruzione creativa di cui parla a più riprese questo documento appare incompatibile con la difesa del sistema della piccola impresa a conduzione famigliare.
Tutto l’arco parlamentare sta sostenendo il Governo Draghi. In assenza di un’attività di opposizione pesante, c’è una sorta di consociativismo e una fiducia cieca nell’uomo piuttosto che nel progetto politico. Si dice che Draghi è un bravo tecnico e ci porterà i soldi europei. Ma, al di là del fatto che i soldi europei non esistono, il vero problema è che il documento cardine della politica economica del Presidente del Consiglio è il “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid”.
In quel documento di due mesi prima che diventasse Presidente, lui scriveva in modo chiaro qual è l’obiettivo dei 30 banchieri più potenti del mondo: difendere il mondo corporate e non le piccole e medie imprese. Non solo, perché la cosiddetta “creative destruction” sembra tagliata perfettamente per distruggere ciò che resta del sistema-paese italiano. Le piccole e medie imprese infatti non saranno assolutamente in grado di competere con le multinazionali, a meno che qualcuno non faccia saltare il banco.
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