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Un Fonseca di Pinto

Concomitanze, incroci di virgolettati. Dichiarazioni su imminenti questioni di campo, in un caso; altre sulle prossime scelte di campo, nell’altro. La resa linguistica, sempre più salda nelle sfumature, da parte di Paulo Fonseca in italiano; un portoghese cautelativo tuttora per Thiago Pinto, che come tutti quelli che amano studiare procede per gradi anche in quest’ambito.

Dall’ hic et nunc, l’irrinunciabile qui e ora che nel calcio è la sola dimensione a contare e che il tecnico sta dimostrando di dominare con sempre maggiore autorevolezza, alle questioni riguardanti la Roma futuribile, forse imminente, illustrate o almeno prefigurate dal dirigente. Un dirigente filosoficamente caratterizzante, dirimente; uno che ha l’aria di bruciare i tempi nel comprendere l’ambiente in cui è venuto a lavorare. Il primo tratto che, in genere distingue le persone intelligenti. Sufficientemente politico, peraltro, somiglianze a parte.

In mezzo sta il derby, convitato di pietra che si preferirebbe non nominare praticamente fino al fischio d’inizio di Orsato. A parte Fonseca, ovviamente, che ha inquadrato la stracittadina, in conferenza, con la serenità delle legittime ambizioni.

Eccolo, per chi avesse necessità di individuarlo, il comune denominatore tra le parole del tecnico e quelle del dirigente: la legittimità delle ambizioni. Quelle che ci si può ragionevolmente permettere al momento e quelle che si potranno irrobustire con una pianificazione ragionevole, con una operatività che non trascuri alcun particolare. È ovvio che sono e saranno sempre i risultati, di settimana in settimana, a indicare il grado di saldezza di un allenatore su una panchina; è al tempo stesso più che ragionevole, però, pensare che uno come Fonseca, che da buon lusitano ha navigato di cabotaggio a prescindere da ciò in cui società lo ha o non lo ha accontentato, costituisca un’ottima sponda, come appendice tecnica, per un lavoro dirigenziale che voglia sposare i due obiettivi di colmare la lacuna di vincere un trofeo in tempi ragionevoli, dopo anni di magra e di programmare una crescita ponderata a livello tecnico ed economico, con l’ordine dei due termini che si può anche invertire.

Scende in campo la Roma del presente, l’unica che conti, ripetiamo, in questo derby; a bordo campo, però, è come se si scaldasse quella del futuro. Immaginare una continuità tra le due è o sarebbe il primo elemento di coerenza in un’epoca di passaggio.

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

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