Sembrano ore, giorni cruciali per il destino delle nostre future attività quotidiane. Le ultime misure decise da Governo nazionale e regionali per contrastare l’epidemia da covid-19 incidono pesantemente sulla libertà dei cittadini, come durante il periodo dello scorso lockdown.
E la minaccia di una seconda quarantena forzata pare avvicinarsi inesorabilmente. I primi a farne le spese e che intravedono il peggio sono gli abitanti di regioni come la Lombardia, il Lazio e la Campania che non potranno uscire di casa a partire dalla tarda serata se non “per motivi di lavoro, salute o comprovate necessità”.
Così recitano le autocertificazioni, prepotentemente tornate di moda dopo il loro utilizzo sfrenato in primavera. La tendenza ad un ritorno a quel periodo sarà confermata? Un’idea ben precisa su quello che sta accadendo se la è fatta il retroscenista Marco Antonellis, che ha imputato le recenti misure imposte dal Premier Giuseppe Conte ai sondaggi che quest’ultimo si è ritrovato sulla scrivania a Palazzo Chigi.
Questa l’opinione di Marco Antonellis a “Un giorno speciale”.
“In realtà si parlava di coprifuoco già da un paio di giorni. I tecnici ci stavano lavorando per definire i dettagli tipo l’orario del coprifuoco e cose di questo tipo. Era in lavorazione nel Lazio da subito dopo la Lombardia”.
“Evidentemente sono cambiati i sondaggi. E’ inutile che ce lo nascondiamo: la linea soft del Premier dei giorni scorsi era dettata da alcuni sondaggi che aveva sulla scrivania, dove si diceva che praticamente gli italiani erano contrari al lockdown.
Però sai, i sondaggi vanno bene, ma non possono guidare l’azione politica. Se da un sondaggio emerge fuori che gli italiani vogliono che sia sempre domenica non è che abolisci tutti gli altri giorni. Non puoi seguire pedissequamente i sondaggi. Questo la dice lunga su come vengono prese le decisioni politiche ad altissimi livelli”.
“E’ più facile fare una mossa del genere, anziché andare ad incidere sulla carne viva del problema: le scuole, i trasporti, i tamponi che non funzionano. Quindi non potendo risolvere il vero problema che è quello del tracciamento, si va su dei problemi collaterali che danno la sensazione al cittadino di sicurezza. Ma in realtà non si incide sulla carne viva del problema”.
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