Da una piccola palazzina di Roma, fino a Bruxelles: il caso Radio Radio ha avuto una risonanza tale da interessare non sono il Parlamento italiano, ma anche gli eurodeputati europei. La chiusura del canale YouTube Radio Radio TV alle 10.29 del 14 giugno è ormai destinata a fare giurisprudenza in materia di comunicazione.
Un enorme vaso di Pandora rischia di essere scoperchiato dal caso della nostra multipiattaforma radiofonica: la zona grigia sul diritto d’espressione legato al mondo digitale sarà ora all’attenzione delle istituzioni europee grazie all’interrogazione presentata ieri da Marco Campomenosi, Marco Zanni e Antonio Maria Rinaldi.
Campomenosi, primo dei tre firmatari ha spiegato obiettivi e ostacoli per la legislazione del web in tutte le sfumature, dall’interesse dei giganti virtuali nel non avere regole, al pretesto fake news che talvolta rischia di imbavagliare in modo abusivo chi opera nel campo dell’informazione.
Ecco l’intervista di Stefano Molinari e Luigia Luciani all’eurodeputato leghista Marco Campomenosi.
“Ci sono persone e aziende organizzate nel cosiddetto “shitstorm” di segnalazioni che poi di fatto vanno a creare delle problematiche che scattano in automatico, non essendoci un controllo umano su queste cose.
E’ chiaro che YouTube ha degli algoritmi che devono eliminare del contenuto perché c’è gente folle, ma il problema è che il legislatore non ha ma chiarito quale sia la responsabilità delle piattaforme, di chi uploada, quale sia il controllo delle autorità pubbliche.
Abbiamo lavorato una piccola interrogazione scritta alla Commissione Europea, perché il vostro esempio è ciò che non dovrebbe accadere.
Il fatto è che fra l’altro proprio in questi giorni sulla direttiva copyright, che non c’entra con la vostra vicenda, c’è una discussione parlamentare a Roma perché di fatto siamo obbligati ad applicarla al livello nazionale.
Ma la Commissione Europea io so già cosa mi risponderà: che i tentativi da loro fatti per lottare contro le fake news ovviamente non volevano portare a ciò che vi è successo, perché quello a cui abbiamo assistito a Bruxelles negli anni scorsi, come Cambridge Analytica, ha fatto sì che le pressioni delle istituzioni europee su quegli operatori fossero così forti che loro, nel dubbio, cancellano.
Nel futuro un leader politico pubblicherà delle cose che non piaceranno e verranno cancellate? E’ questo il grande problema.
Non è giusto che una voce venga spenta, anche fosse solo per 24 ore, e non è giusto che la risposta vi venga forse da un altro algoritmo che senza neanche chiedervi scusa vi dice che non violate nulla.
Ci sono aree grigie che riguardano i contenuti e la libertà d’espressione che non possiamo delegare ad algoritmi, è un tema trasversale, non deve guardare me perché sono della Lega o chiunque altro magari a sinistra. Deve riguardare tutti.
Da sempre si parla di tassare i giganti del web: non ci sono mai riusciti, non hanno mai voluto, non hanno introdotto una normativa antitrust, che dica “tu sei il più grande motore di ricerca. Bene, non puoi essere anche il più grande diffusore di musica”.
Siamo in una situazione in cui non c’è nessun player, nessuna piattaforma europea che non esisterà mai più.
Attenzione, tutto ciò blocca anche le startup, che non hanno gli strumenti per sfidare questura giganti. Solo i brandi riescono a fare questi grossi investimenti, come gli algoritmi, mentre i piccoli tentano invano di entrare in questi settori“.
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