Cos’è la scienza, e soprattutto cosa non lo è?
Più che mai in questi giorni ci troviamo di fronte all’interrogativo quasi filosofico, scatenato dal virus ai cui sintomi si potrebbe aggiungere più di tutto, il dibattito.
L’interrogativo viene spesso liquidato in maniera semplice con un semplice concetto: scienza è ciò che troviamo sulle riviste scientifiche.
Se così fosse però, perché dovrebbe esistere una scienza discordante, alternativa, che non si allinea?
“Perché non è legittima“, si potrebbe facilmente rispondere, ma non è così per diverse voci autorevoli, una delle quali il professor Giuseppe Di Bella.
Intervistato dal nostro direttore Ilario Di Giovambattista, il medico che ha raccolto e proseguito l’eredità scientifica delle ricerche del padre Luigi, ha presentato numerose autorevoli testimonianze su come in realtà le pubblicazioni scientifiche non siano legittime e attendibili come ci si aspetterebbe e come sarebbe giusto.
Scenari inquietanti si nascondono dietro le pubblicazioni delle tanto decantate riviste, in molti casi la cui limpidezza è minata da un insanabile conflitto d’interessi e da ciò che più di tutto governa in questo momento le leggi del mondo: non la scienza, ma il profitto.
Ecco la testimonianza del Dottor Giuseppe Di Bella ai nostri microfoni.
“E’ stato smentito radicalmente da personaggi autorevoli da un punto di vista scientifico ed etico.
Primo il Nobel Schekman, che ha detto che alcune grandi riviste scientifiche pubblicano unicamente se i risultati sono conformi al loro fatturato.
E’ grave l’accusa, però viene da una fonte autorevole, il quale ha fatto questa esperienza personale e ha denunciato questi limiti.
Non è l’unico, ci sono conferme altrettanto autorevoli di editori capi di riviste internazionali al massimo livello: Horton, editore di Lancet, il quale ha scritto letteralmente che accade per almeno il 50% dei casi.
“I dati pubblicati su grandi riviste poi utilizzati per registrare farmaci dei vari ministeri sono falsi”: ha usato questa parola alla lettera, almeno il 50% delle pubblicazioni su grandi riviste, di cui la metà sono proprietà di multinazionali del farmaco.
La ricerca che può mettere in crisi il fatturato, creare dei problemi o presentare farmaci concorrenti non viene pubblicata.
C’è inoltre la testimonianza della professoressa Angel, editore capo di una delle massime riviste come New England, che ha dato le dimissioni, è arrivata alla saturazione confermando e sottoscrivendo in pieno ciò che ha detto il professor Horton: “Ormai le grandi riviste internazionali pubblicano dati conformemente ai loro soli interessi”, per cui il conflitto d’interesse sta inquinando in maniera ormai inaccettabile la ricerca scientifica.
Ci sono ancora degli scienziati liberi indipendenti, fortunatamente stanno crescendo e si sta diffondendo la consapevolezza della necessità urgente di riportare la medicina da una deriva commerciale-speculativa alla sua origine ippocratica“.
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