Anche oggi diminuisce il numero di pazienti in terapia intensiva, si tratta del numero più basso da un mese a questa parte: meno 62 unità. Un dato certamente confortante, ma che non distoglie dal numero ancora troppo alto di deceduti: 454 nelle ultime 24 ore. Le attenzioni dunque rimangono tutte su un unico obbiettivo: trovare la cura. Gli approcci e le ricerche contro il coronavirus sono tante e in tutto il mondo, ma negli ultimi mesi uno in particolare ha destato più attenzione di altri. Secondo il Professore De Donno saremmo di fronte all’unico farmaco esistente contro il coronavirus: il plasma delle persone guarite.
Ce ne parla in questa intervista di Luigia Luciani e Stefano Molinari. Ecco cosa ha detto il Direttore terapia intensiva respiratoria Ospedale Carlo Poma di Mantova Prof. Giuseppe De Donno.
“Il plasma convalescente, ovvero il plasma che otteniamo da una donazione da parte di guariti, in questo momento è l’unico farmaco specifico contro il coronavirus, non ce ne sono altri. E’ l’unico farmaco che agisce utilizzando le sostanze che ci sono nel plasma dei guariti e gli anticorpi diretti contro il coronavirus. In pratica è come se inoculassimo nei pazienti malati un vaccino che ha fatto il suo effetto dopo 20 giorni, quindi qualcosa di molto più potente di un vaccino.
Quello che stiamo studiando è un modello che non varrà solamente per il covid, potrà valere in generale per tutte le manifestazioni virologiche che potranno presentarsi in futuro.
Non utilizzarlo non è un peccato veniale, è un peccato mortale.
Produrre il plasma in laboratorio? Io sono un po’ perplesso. Il coronavirus è un virus che muta molto facilmente, sintetizzando un plasma in laboratorio si rischia di sistetizzare un farmaco che poi alla fine non è efficace. Il vantaggio di utilizzare donatori è che abbiamo la possibilità di modularne la produzione. I nostri appelli stanno anche portando i loro frutti, solo oggi ho ricevuto 300 mail di volontà a donare il plasma da parte di guariti di coronavirus”.
“Secondo me sta succedendo una cosa che vedremo nelle prossime settimane. Come osservatorio ho una città di 400 mila abitanti e ogni volta che andiamo ad aprire qualche cosa succede un picco di reinfezione. Oggi esattamente dopo una settimana da Pasqua e Pasquetta nel nostro pronto soccorso abbiamo avuto un aumento di accessi e nella terapia intensiva abbiamo avuto l’arrivo di 4 giovani con gravi forme di polmonite ed embolia polmonare.
Quello che si sta vedendo è che i medici di famiglia iniziano a trattare i pazienti a domicilio e di conseguenza si blocca la patologia nelle prime fasi. La seconda cosa è che sì è imparato a trattare le forme intermedie, non vanno più in rianimazione ma si fermano nell’intermedio respiratorio e questo ha permesso alle rianimazioni di svuotarsi. La terza cosa è la mortalità: questa è la dimostrazione che i pazienti rimangono a casa di più e molte volte muoiono a casa o nelle strutture secondarie.
Bisogna essere cauti sul dato di contaminazione, perché questo tenderà ad aumentare quando noi riapriremo dopo il 4 maggio. E’ una scelta che dobbiamo fare, decidiamo di convivere col virus accettandone i rischi oppure decidiamo di distruggere l’economia. E questo è un discorso veramente difficile”.
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