Vincent Candela e Fabio Capello, due simboli della Roma dello scudetto e due idoli dei tifosi giallorossi. Abbiamo parlato con loro delle preferenze culinarie, dei piaceri del cibo e del vino, della Roma del 2001 e dei suoi segreti.
Capello:
“No, auspicavo mangiassero bene, senza esagerare. I giocatori li pesavo per vedere se erano grassi o magri”.
Capello:
“Era un po’ grassottello qualche volta, lo richiamavo… lui e Cassano”.
Candela:
“Ci pesava tutti i giorni, però ci dava anche grande fiducia. Sapeva che avevamo tutti lo stesso obiettivo, che eravamo a Roma per vincere. Capiva il giocatore, per me è stato il miglior allenatore, mi ha dato tanto anche a livello umano”.
Capello:
“La Nazionale è un mondo diverso, ci stai 9-10 giorni e cerchi di farli mangiare in maniera giusta. Senza che abbiano problemi e con poco alcool (sono abituati a bere un po’ di più)”.
Capello:
“Tra i bianchi sono per la Ribolla Gialla, tra i rossi per il Barbaresco. Poi una cosa che mi piace sono le bollicine italiane come il Franciacorta”.
Candela:
“L’importante è la compagnia, a me piacciono quelli corposi come un buon toscano o un amarone”.
Capello:
“In Cina andavamo a mangiare in ristoranti Italiani, ma quando Suning ci invitava a cena mangiavamo cinese ed era ad un livello straordinario. Il cinese preparato da gente esperta è ottimo”.
Capello:
“La carbonara da Pommidoro a Roma, a Torino la carne cruda a carpaccio”.
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