10) Siniša Mihajlović
Continua, con tutta la naturalezza comportamentale che è figlia del suo innato orgoglio, a inviare un messaggio di assoluta dignità e slancio motivazionale a chiunque stia attraversando un momento difficile nella vita, non solo necessariamente a quelli che stanno vivendo il suo stesso calvario. I veri vincitori sono quelli per i quali è innaturale la resa.
9) Inter – Juventus
Perlomeno per sessanta, sessantacinque minuti abbiamo assistito a una partita d’intensità europea. Questo aggettivo basta a inquadrare la proporzione tra ritmi e qualità del Derby d’Italia messo a confronto con ogni altra partita della Serie A. Aggiungiamo che i rispettivi tatticismi non hanno limitato la qualità dei singoli.
8) Gonzalo Higuain
L’impatto sulla gara è come come un’orma profonda impressa sulla calce viva. Il suo gol, quello del definitivo uno a due, ha il peso specifico della ghisa, contro chi aveva due risultati su tre e a beneficio della spettacolarità e dell’incertezza della lotta per il vertice.
7) Ciro Immobile
Conclusione secca e tesa sul primo palo in occasione della prima segnatura. Sempre dallo stesso lato, riesce a bruciare sul tempo le maglie rossoblu che gli si stavano stringendo attorno. I chiarimenti fanno bene, in tutti i campi della vita.
6) Nikola Milenković
Uno stacco perentorio, sovrastante su tutto il resto della “popolazione” presente nell’area friulana. Perfette la torsione del busto e la “frustata” vibrata con il collo. In una partita tutt’altro che facile, il colpo di testa del serbo regala a Montella tre punti di consolidata fiducia e, forse, un po’ di consapevolezza in più circa il ruolo che la Fiorentina può recitare in questo campionato.
5) Napoli
A Torino, contro i granata dell’ex tecnico Mazzarri, Allan e compagni erano chiamati a sfoderare una prestazione perentoria, per quanto riguarda la dimostrazione della loro superiorità tecnica rispetto agli avversari. La partita in realtà non è mai decollata, alimentandosi di un equilibrio che alla fine premia il Toro e frustra la squadra di Ancelotti. Meno bello di qualche settimana fa, il Napoli ha un po’ smesso di ballare.
4) Eusebio Di Francesco
La stima nei confronti dell’uomo e delle sue capacità professionali resta immutata, al di là delle contingenze. Il voto però ci sta tutto ed è motivato dalla colpa di aver accettato un progetto tecnico, se così lo si può definire, che sin dall’inizio faceva acqua da tutte le parti e non poteva non averlo capito subito anche lui.
3) Emre Can
Cattivo, pericolosissimo e anche un po’ vigliacchetto il suo fallo da dietro, con tutti i tacchetti spianati poco sopra il tallone di Bastoni.
2) Davide Massa
All’Olimpico ne combina più di Carlo in Francia: gioca a fare l’autoritario senza essere mai, nemmeno per sbaglio, autorevole. Discutibile per le decisioni, per le interpretazioni, perché nessun intervento disciplinare è stato mai “disciplinante”, per così dire e infine perché, in occasione del gol che poi sarà annullato a Kalinic, lascia per troppo tempo i protagonisti in una sorta di limbo, a causa della sua incertezza (non) decisionale. Non esiste più lo strumento della ricusazione, che una volta consentiva alle società di evitare alcuni direttori di gara. Ne siamo felici, ovviamente; proprio per questo, però, la dirigenza della Roma deve farsi sentire, sistematicamente, con eleganza e con fermezza.
1) Quelli che urlano, fischiano o ritengono di dover “alzare” un coro durante il minuto di silenzio.
Somma esibizione di idiozia.
Alla prossima settimana!
Paolo Marcacci
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