Quante storie racconta, senza saperlo, la vita di un campione? Quanto più allunga la sua parabola agonistica, tanto più la sua vicenda si carica di simboli e insegnamenti che esulano dall’ambito sportivo, dalla mera cronaca riguardante il campo, la pista o, nel caso specifico, la corsia acquatica.
Nell’ultimo, fulgido oro appena conquistato da Federica Pellegrini, c’è tutto un caleidoscopio di valori e insegnamenti che agiscono, se ci sofferma a considerare ogni aspetto, anche per chi non ha mai messo piede in acqua; anche per quelli che al massimo sanno stare a galla.
Perché?
Perché nella longevità agonistica e vittoriosa, nella gestione di sé, delle proprie potenzialità e di conseguenza anche dei propri limiti che il campione esibisce, c’è un concentrato di coerenza, innanzitutto: nell’impegno, nella costanza, nel non perdere il contatto con la fatica.
In particolare, la prova della Pellegrini, con il crescendo travolgente delle bracciate finali, ha mostrato il potere della pianificazione di una prestazione, l’applicazione di una logica gestionale.
Una campionessa che ancora una volta procede, in controtendenza rispetto al paese che rappresenta e al quale dà lustro, mantenendo promesse e premesse.
Conoscete un politico, di qualsiasi schieramento, di cui si possa dire lo stesso?
Paolo Marcacci
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