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Privatizzazione dei servizi, ovvero pagare cifre folli per beni essenziali alla sopravvivenza

Ne discutiamo al bar, ci arrabbiamo un po’, però alla fine paghiamo

Energia, acqua, gas: i servizi pubblici sono beni essenziali perché non possiamo farne a meno. Se qualcuno ci aumenta il prezzo però, noi siamo costretti a pagare. Se non lo facciamo? Ci staccano tutto.
Le aziende private dunque hanno il potere di toglierci i beni senza i quali non possiamo vivere e questo potere a regalarlo ai privati è stato ed è proprio lo Stato, cioè, indirettamente, proprio noi stessi; lo stesso Stato che quei servizi dovrebbe garantirli e tutelarli.

La questione di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, a proposito delle colonnine di rifornimento per auto elettriche, non è che una cartina tornasole che ci indica la direzione verso la quale ci stanno dirigendo.
Perché i beni pubblici che i nostri padri e i nostri nonni hanno costruito pagando tasse e sacrificandosi, oggi sono in mano a dei privati che hanno l’unico scopo quello del lucro?

Perché i nostri portafogli sono sempre più vuoti?

Ne abbiamo parlato con Mauro Vergari, Responsabile Ufficio Studi, Ricerca e Innovazione di Adiconsum, che osserva: “Leggendo la bolletta, che ora è diventata finalmente un po’ più chiara, ci accorgiamo di quanto incida il consumo effettivo e quanto invece tutti gli oneri che ci gravano sopra.
Sono più del 50%! E l’esempio più evidente è quanto paghiamo quando non usiamo energia. Il problema è serio e noi cerchiamo di affrontarlo tutti i giorni: gli oneri di sistema devono uscire dalla bolletta! Devono essere spalmati nella fiscalità generale“.

Il motivo per cui noi paghiamo così tanto è che ci sono dei privati che lucrano sul nostro bisogno essenziale dei servizi. C’è un passaggio in più tra il bene primario e la nostra possibilità di fruirne che ci costa cifre folli.
L’errore allora non sta forse nell’aver ceduto (e creduto) al neoliberismo per cui il servizio pubblico è inefficiente e quello privato invece vale la pena pagarlo di più?

Secondo Mauro Vergari si può ancora intervenire: “Non possiamo tornare ai monopoli, però si può e si deve fare una differenziazione tra servizi e servizi di pubblica utilità”.

E’ inutile allora che i governi di qualsiasi colore ci dicano che le tasse che paghiamo sono sufficienti, perché se poi aumenta il costo dei servizi è sempre con gli stessi stipendi che dobbiamo pagarli. Con l’aggravante che quando non si hanno soldi per pagare le tasse quantomeno si può ancora sopravvivere.

E’ un cappio!

Dobbiamo assolutamente rivedere il sistema: l’oro che luccica non è quello di un “ottimo” servizio promesso dal privato al cittadino, ma è quello che finisce nelle loro tasche.

Cosa si può ancora fare?
“Purtroppo o per fortuna – commenta Vergari bisogna prendere di petto la politica…vanno create delle aree di energia rapportate alla capacità di spesa per salvaguardare quei cittadini che si trovano in povertà energetica.
E poi bisognerebbe far pagare le tasse sull’energia molto di più a chi la produce a questi costi e molto meno a chi la produce da energia rinnovabile“.

Mi permetto di aggiungere che la soluzione è semplice, comprensibile e di oggettivo buon senso:
lo Stato, pur concedendo a terzi la possibilità di vendere servizi, deve sempre rimanere nel mercato e in concorrenza con i privati nell’erogazione dei servizi essenziali di pubblica utilità; primi fra tutti l’acqua, l’elettricità e il gas.
Il privato, nella sua naturale “pulsione” a fare lucro non ha alcun interesse sociale né alcuna preoccupazione per gli equilibri e le ricchezze altrui, semmai il contrario. Invece lo Stato (ovvero gli amministratori “pro tempore” dipendenti dal voto dei cittadini), ne risponde direttamente, e ha obblighi verso la popolazione che escludono categoricamente il lucro, anzi il dovere di mantenere le tariffe più basse possibili.

Qualcun potrebbe obiettare che ciò non accade da molto tempo, essendo le nostre bollette gravate da “gabelle” di vario genere, ma quest’ultime ce le ritroviamo ugualmente nelle bollette dei privati, appesantite dal ricarico del loro ulteriore guadagno.

L’auto-referenziato “Governo del cambiamento” aveva annunciato riforme in tal senso e la cancellazione delle accise a cominciare da quelle anacronistiche.
Che lo faccia! E soprattutto mantenga il mercato tutelato dell’elettricità e si riprenda quello degli altri servizi essenziali, per mantenere a livelli sostenibili i costi fissi della sopravvivenza dei cittadini.

Ne continueremo a discutere alla Radio.

Fabio Duranti

Fabio Duranti

Fabio Duranti è nato a Roma nel 1962. Da sempre realizza piattaforme di comunicazione Radio, TV e Web. Crede nel principio irrinunciabile che la corretta informazione è il motore della libertà e dei rapporti sociali.

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