Nei giorni scorsi, è stata annunciata la proibizione dell’esibizione del baritono russo Abrazakov a Verona, su decisione delle autorità locali. La motivazione di tale divieto è il suo presunto legame ideologico con la Russia di Putin. Abrazakov avrebbe dovuto esibirsi nel celebre Don Giovanni presso l’Arena di Verona. Questa decisione ha suscitato forti reazioni, tra cui quella del ministro della cultura Alessandro Giuli, favorevole al provvedimento, ma che, a nostro avviso, è una scelta scellerata e deplorevole.
Censurare la cultura, in qualsiasi forma, è sempre un atto di barbarie. Ogni volta che si interviene in modo diretto su un’esibizione artistica, si compie un gesto che colpisce il cuore stesso della libertà di espressione. La cultura non può essere prigioniera di ideologie politiche o conflitti internazionali, poiché è un patrimonio universale che deve essere protetto da qualsiasi tipo di censura.
Quando si fa la guerra alle idee, all’arte, alla cultura e allo spettacolo, si compie un atto di inciviltà. La bellezza e la potenza dell’arte risiedono proprio nella sua capacità di trascendere le divisioni politiche e geografiche, offrendo uno spazio di incontro e di confronto. La cultura non deve essere usata come strumento di divisione, ma come veicolo di unità.
Le scelte che mirano a limitare l’accesso alla cultura sono sempre da condannare. In nome di una presunta giustizia o di interessi politici, non si può mai giustificare la censura di un evento culturale. Tale atteggiamento non solo è dannoso per l’arte, ma impoverisce l’intera società, limitando la possibilità di crescita e di dialogo.
Le ripercussioni di simili decisioni non si limitano all’ambito artistico. Questi gesti rischiano di alimentare un clima di intolleranza e divisione, in cui la cultura viene ridotta a strumento di propaganda o di esclusione. La vera sfida consiste nell’aprire il dibattito e il confronto, non nel cercare di silenziare chiunque non condivida le proprie stesse idee.
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