Negli ultimi giorni, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, alcuni studenti a favore della Palestina hanno impedito l’intervento di Emanuele Fiano, storico esponente del Partito Democratico e sostenitore radicale di Israele. Non condivido pressoché nulla delle sue posizioni politiche e culturali, dalla difesa cerimoniale di Israele al suo antifascismo rituale, passando per l’atlantismo e il neoliberismo. Tuttavia, ritengo che sia stato un errore impedirgli di parlare.
Gli studenti veneziani hanno contestato Fiano come simbolo delle politiche israeliane e, in particolare, della linea adottata dal governo di Benjamin Netanyahu, definito criminale di guerra sostenuto da Washington e da Trump. Comprendo pienamente la posizione di chi si oppone a tali politiche e considero positiva la mobilitazione giovanile a sostegno della Palestina e contro Israele. In questo senso, sono dalla loro parte.
Avrei tuttavia auspicato che la mobilitazione studentesca fosse stata altrettanto determinata in altri momenti e su altri fronti.
Sarebbe stato auspicabile, per esempio, che si fossero mobilitati contro la “tessera verde”, strumento di discriminazione e controllo biopolitico. Così come oggi sarebbe auspicabile vederli in campo contro il capitalismo, l’Unione Europea come tempio finanziario, l’imperialismo statunitense e l’ordine neoliberale vigente. Ma, come si suol dire, non si può avere tutto: talvolta occorre accontentarsi, meglio poco che niente.
Pur non condividendo le idee di Fiano, ritengo gravissimo impedirgli di parlare. Le idee false si combattono con le idee vere, non con la censura. In questo dovremmo restare allievi di Baruch Spinoza e della sua libertas philosophandi, cioè il diritto di ogni cittadino di esprimere liberamente il proprio pensiero, anche quando esso sia radicalmente falso. Impedire il discorso non sconfigge l’errore: lo nasconde.
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