Gli studi televisivi come arena di scontro, tra accuse, interruzioni e dinamiche pilotate. È il quadro che emerge dalle parole di Alberto Contri, docente di comunicazione sociale, insieme a Fabio Duranti e all’economista Antonio Maria Rinaldi, che hanno raccontato le loro esperienze nei principali talk show italiani, tra insulti ricevuti, querele e l’impressione di un meccanismo comunicativo spesso costruito a tavolino.
“C’è stato un periodo in cui venivo spesso intervistato nei talk show della Rai e di Mediaset – ha ricordato Contri –. A me piaceva perché sono un combattente, un marines, non mi faccio mettere i piedi in testa. Mi mettevano contro tutti: da Brindisi a Pregliasco, fino a Scanzi. Quest’ultimo, in diretta, mi ha dato del cercopiteco. Io gli ho replicato dandogli dell’imbecille e lui mi ha querelato. Per fortuna la querela è stata respinta, ma ho dovuto comunque pagare gli avvocati”.
Fabio Duranti ha commentato le dinamiche lessicali e legali delle risse televisive: “Se io ti do dell’imbecille, esprimo un pensiero personale, non è diffamazione. Se invece dico che tu racconti frottole, quella è diffamazione, perché non è più un’opinione ma un fatto lesivo”. Un ragionamento che mette in luce la sottile linea tra linguaggio polemico e offesa perseguibile.
Contri ha raccontato anche episodi legati alla gestione degli spazi e delle scalette: “Io portavo in studio i dati dell’UK Health Security Agency. Appena iniziavo a leggerli, mi dicevano: ‘Lei dice scemenze’, e subito dopo partiva la pubblicità. Alla terza volta ho detto: andate a quel paese. Quella trasmissione era diventata la punta di lancia contro tutta questa storia. Sono convinto che dietro ci fossero interessi economici, forse legati a Pfizer. Alla fine è stato sospeso, ma oggi so che dietro le quinte c’è una battaglia interna per gli spazi”.
Antonio Maria Rinaldi ha ripercorso la sua lunga esperienza nei salotti televisivi: “Ho frequentato per centinaia di volte tutti i talk show d’Italia. All’inizio mi preparavano sempre tre o quattro contro, ma io replicavo con ironia: detto da lei è un complimento. Alla fine mi incartavo i miei avversari perché non avevano la preparazione necessaria. Poi, per scelta personale, ho ridotto le presenze: era tutto confezionato, con pubblicità e palinsesti rigidi”.
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