La proposta del primo ministro Keir Starmer di introdurre un documento d’identità digitale obbligatorio per chi vuole lavorare nel Regno Unito ha aperto un acceso dibattito politico. L’iniziativa, battezzata “BritCard”, è stata presentata come una misura per contrastare l’immigrazione illegale, ma sta già sollevando forti critiche per i rischi legati alla privacy e al controllo statale. Tra le voci più dure spicca quella di Nigel Farage, che definisce il progetto una minaccia alle libertà individuali.
Il piano del governo prevede l’introduzione di una carta digitale collegata a un database centrale, contenente informazioni come nazionalità, residenza e diritto al lavoro. Starmer ha difeso la misura sostenendo che si tratti di “un’enorme opportunità” per garantire più trasparenza e sicurezza nel mercato del lavoro, riducendo la possibilità che migranti irregolari possano ottenere un impiego. Nonostante siano previste soluzioni alternative per chi non possiede uno smartphone, l’idea di un documento unico e centralizzato ha immediatamente alimentato timori su possibili abusi e vulnerabilità informatiche.
Farage ha bocciato la riforma senza mezzi termini: “Tutto ciò che farà l’ID digitale sarà controllare la popolazione, dirci cosa possiamo o non possiamo fare, e multare gli innocenti.” Il leader di Reform UK sostiene che l’esempio della Germania, dove esistono documenti rigidi e controlli diffusi, dimostra come questo tipo di strumenti non abbia inciso sull’immigrazione clandestina: “In Germania non ha fatto alcuna differenza, e non ne farà neppure qui.” A suo giudizio, si tratterebbe solo di un nuovo apparato burocratico per limitare la libertà dei cittadini.
Il politico di Reform UK ha ricordato come già durante la pandemia i cittadini abbiano sperimentato una forma di identità digitale con i pass vaccinali: “Quando bisognava avere l’ID vaccinale per viaggiare, per fare varie cose, ha forse fermato la diffusione del Covid? No di certo, tutto quello che ha fatto è stato imporre costi e disagi a tutti gli altri.” Ma il vero pericolo, secondo Farage, è quello delle banche dati governative, che diventerebbero un obiettivo appetibile per hacker, governi stranieri o criminali: “Sono molto preoccupato per questi immensi archivi digitali detenuti dal governo, che possono essere violati da governi stranieri, da aziende private o da criminali.” Una prospettiva che, a suo avviso, mina la sicurezza stessa dei cittadini invece di rafforzarla.
Il governo insiste nel presentare il progetto come uno strumento moderno ed efficace per garantire legalità e trasparenza, ma le critiche come quelle di Farage rivelano il lato oscuro della misura. Se da un lato la BritCard promette di facilitare i controlli e ridurre il lavoro nero, dall’altro apre scenari inquietanti di sorveglianza di massa, possibili violazioni della privacy e rischio di abusi. La battaglia politica è appena iniziata e si preannuncia centrale nei prossimi mesi, perché, come sottolinea Farage, “lo Stato non dovrebbe mai avere così tanto potere.”
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