Silenziosa, pulita e quasi inesauribile: la fusione nucleare promette di cambiare per sempre il nostro modo di produrre energia. Un sogno che oggi prende forma concreta grazie a DTT, il nuovo reattore sperimentale italiano in costruzione a Frascati, al centro di una sfida tecnologica e scientifica che coinvolge ENEA, università, centri di ricerca e industria.
“La fusione nucleare è il processo che alimenta il Sole e le stelle: due nuclei leggeri si fondono per formarne uno più pesante, liberando una quantità enorme di energia, senza produrre anidride carbonica,” spiega Paola Batistoni, responsabile dell’energia da fusione in ENEA. A differenza della fissione, non ci sono rifiuti pericolosi a lunga vita né rischi di reazioni a catena. “Un grammo di combustibile per fusione rilascia energia equivalente a diverse tonnellate di gas metano.” La sfida è riprodurre queste condizioni sulla Terra, per ottenere una fonte programmabile, sicura e sostenibile, capace di affiancare le rinnovabili nel mix energetico del futuro.
La parola “nucleare” spaventa ancora, ma qui si parla di tutt’altro. “La fusione è intrinsecamente sicura,” afferma il professor Francesco Romanelli, presidente di DTT. “Non c’è reazione a catena come nella fissione. Se c’è un problema, si spegne tutto semplicemente chiudendo il rubinetto del combustibile, come in una caldaia a gas.” Anche in caso di guasto, il calore residuo può essere gestito senza interventi esterni. “Gli studi mostrano che nemmeno nello scenario peggiore si rende necessaria l’evacuazione della popolazione,” precisa Romanelli.
L’Italia è al centro della corsa globale alla fusione. “ENEA ha competenze su tutti gli aspetti scientifici e tecnologici,” spiega Batistoni. “Sappiamo scaldare il plasma a temperature 100 volte superiori a quelle del centro del Sole e contenerlo in sicurezza.” ENEA ha contribuito con l’industria italiana alla realizzazione dei magneti superconduttori per ITER, il reattore sperimentale in costruzione in Francia. “Più del 50% dei magneti per ITER è stato costruito in Italia, con commesse per oltre 2,2 miliardi di euro,” sottolinea Batistoni, parlando di una collaborazione virtuosa tra ricerca pubblica e imprese.
Il DTT (Divertor Tokamak Test) nasce per affrontare uno dei problemi più critici della fusione: come gestire il calore estremo. “Il calore si concentra su pochi millimetri di superficie, raggiungendo flussi simili a quelli del Sole,” racconta Romanelli. Il DTT testerà nuove soluzioni tecnologiche, come configurazioni magnetiche avanzate o l’uso di metalli liquidi, per rendere possibile la progettazione del reattore dimostrativo europeo DEMO. E sulle radiazioni? Batistoni rassicura: “Un cittadino alla recinzione dell’impianto riceverebbe, in un anno intero, una dose pari a una radiografia ai denti.” Un’innovazione che, a detta di Romanelli, “rappresenta la chiave per portare la fusione sulla rete elettrica in tempi rapidi, grazie a una partnership pubblico-privata senza precedenti.”
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