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Attualità

Caso Almasri, l’attacco di Capezzone: “Vogliono usare la giustizia per far cadere il governo”

Il caso della scarcerazione e del rimpatrio del generale libico Osama Almasri entra in una nuova fase politica e giudiziaria. Il Tribunale dei Ministri ha trasmesso alla Camera la richiesta di autorizzazione a procedere contro tre esponenti del governo: il ministro della Giustizia Carlo Nordio, quello dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, con delega ai servizi segreti.

Secondo gli atti trasmessi, i tre avrebbero ostacolato il mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) contro Almasri, consentendo il suo rientro in Libia nonostante l’obbligo legale di consegnarlo all’Aja. Il generale, accusato di torture, era stato arrestato in Italia, poi scarcerato, espulso e infine accompagnato in patria con un volo di Stato.

Il decreto di espulsione sarebbe stato giustificato per ragioni di ordine pubblico. Ma, secondo i giudici, avrebbe ottenuto “il paradossale risultato di rendere nuovamente libero un ricercato internazionale“. Con il rischio che potesse ripetere i crimini per cui era accusato.

Il tribunale evidenzia come Nordio, Piantedosi e Mantovano fossero consapevoli delle richieste della CPI e che le loro decisioni avrebbero consapevolmente impedito l’estradizione. A Piantedosi e Mantovano viene inoltre contestato il reato di peculato per l’uso del Falcon 900, mentre per Nordio si ipotizza omissione di atti d’ufficio.

Al centro del fascicolo c’è Nordio, ma l’attenzione mediatica si è concentrata anche sulla capo di gabinetto Giusi Bartolozzi, non indagata ma coinvolta nella gestione della vicenda. In particolare, Il caso apre così una riflessione sul rapporto tra giustizia, politica e informazione.

Su questo punto è intervenuto duramente il direttore editoriale di Libero, Daniele Capezzone, che a Radio Radio ha criticato il clima attorno all’inchiesta.

Daniele Capezzone: “Almasri? State facendo un processo politico”

Tra i primi a denunciare il clima velenoso è stato il direttore editoriale di Libero, Daniele Capezzone, nel suo consueto intervento mattutino su Radio Radio:

“Tra le 21 e le 22 di ieri sono arrivate le carte alla Giunta per le autorizzazioni della Camera. A un primo sguardo sembrano fragili, fragili, fragili. L’Italia temeva ritorsioni dalla Libia. Abbiamo impianti dell’ENI, lavoratori, barconi che possono partire: mille ragioni per dire ‘meglio se quest’uomo non resta qui’. È una decisione politica, non giudiziaria”.

Capezzone difende la posizione del governo, ma il suo vero allarme riguarda l’uso distorto dell’informazione giudiziaria:

C’è un conduttore Rai che in una nota trasmissione radiofonica ha dato per acquisito il coinvolgimento di una cittadina non indagata, la dottoressa Bartolozzi. E il presidente dell’Associazione Magistrati che risponde come se stessimo parlando di una persona già a processo! Vi pare normale?”

Presunzione d’innocenza? “Saltata”

Capezzone non ci gira intorno: “Se tu dai per presupposto che una persona sia indagata quando non lo è, se dai per presupposto che ci sia un processo quando non c’è, e che quel processo finisca male… allora siamo oltre ogni garanzia. E questo, perdonatemi, è inaccettabile.

Il tono si fa sarcastico e feroce: “Ma ti sembra normale che un cittadino qualunque legga sui giornali e senta alla radio che si discute pubblicamente di un’indagine su di sé, senza che quell’indagine esista? Ma che roba è?”

Caso Almasri | Magistratura e politica: la linea rossa è stata superata?

Il caso Almasri non è più solo giuridico. È politico. E Capezzone lo dice chiaramente: In questo Paese è ormai legittimo sospettare che ci sia un tasso di politicità in quello che accade giudiziariamente. E questo non va bene.

E va oltre: “Leggo che tra le accuse c’è il peculato: perché? Perché hanno usato un aereo di Stato per rimpatriarlo? Ma dovevano fare il biglietto a loro spese? Dovevano usare una low cost?”

“Le decisioni di Stato spettano al Parlamento, non alle toghe”

Capezzone riporta il dibattito nel suo alveo naturale, la democrazia rappresentativa: “Vuoi criticare il governo? Legittimo. Alzati in Parlamento e attacca. Chiedi agli italiani di non votarli più. Ma non puoi sostituire la giustizia alla politica.”

La sua conclusione è tagliente: Altrimenti rinunciamo ad andare a votare. Diciamolo: è una procura che gestisce la sicurezza nazionale. Così facciamo prima.

Quello che emerge dalle carte è grave, ma lo è anche il clima di sospetto preventivo, lo scavalcamento delle garanzie, e il possibile uso strumentale della giustizia come leva politica. Capezzone, con il suo stile ruvido e diretto, ha riportato al centro una domanda che dovrebbe inquietare tutti: chi comanda davvero in Italia? Il voto o le procure?

Daniele Capezzone

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