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Attualità

Trump sfida Putin: “Pace o dazi” ▷ Ma la guerra in Ucraina non doveva finire in 24 ore?

Quando sarò Presidente, finirò la Guerra in Ucraina in 24 ore“. Ripensare a queste parole di Trump, a distanza di oltre un anno, scava sul viso inevitabilmente un sorriso decisamente amaro. Il conflitto non solo è andato avanti in tutta la sua tragicità, ma anzi, a fronte di una miriade di colloqui telefonici fra i leader di Russia e USA, sembra che progressi veri nell’ottica di un ‘cessate il fuoco‘ non ci siano mai veramente stati.

Putin ci ha riempito solo di stronzate“. Questo il tenore delle dichiarazioni di Donald Trump, soli 6 giorni fa. E ancora, nella giornata di ìeri: “Sono deluso, ma non ho finito. Non mi fido di lui e men che meno di nessun altro“. Da qui anche l’annuncio di un vero e proprio ultimatum. Nell’ultimo incontro alla Casa Bianca con il segretario generale della NATO Mark Rutte, il presidente statunitense ha dato 50 giorni di tempo alla Russia per trovare e accettare un accordo, prima che venga confermato il provvedimento volto a fissare dei dazi indiretti al 100% a chi commercerà con Mosca, oltre a tutta una serie di altre sanzioni.

Zelensky: “Gli ucraini sono e rimarranno qui”

La notizia è andata di pari passo con l’ufficializzazione della scelta di inviare un ulteriore set di armi a Kiev (in particolare di Missili Patriot MIM-104). Una mossa che a est ha assunto un valore ancora più simbolico, in particolare vista la ricorrenza odierna del Battesimo della Rus’-Ucraina (Il giorno della sovranità ucraina – evento storico che segna la cristianizzazione della Rus’, uno Stato slavo orientale che aveva Kiev come sua capitale).

Su Telegram, a riguardo, si è espresso così il presidente Volodymyr Zelensky: “Gli ucraini erano qui, gli ucraini sono qui, gli ucraini rimarranno qui. E su questa terra la vita trionfa sempre, i nostri valori prevalgono, così come il nostro spirito. Buon Giorno della Repubblica, concittadini! Buon Giorno del Battesimo della Rus’-Ucraina! Gloria all’Ucraina!“.

Medvedev: “Ultimatum Trump? Teatrale, non ci importa!”

L’ex presidente russo Dmitry Medvedev, figura da sempre vicina a Vladimir Putin, ha liquidato come irrilevante l’ultimo avvertimento lanciato da Donald Trump a Mosca. La risposta è stata secca: “è teatrale”, ha detto Medvedev, aggiungendo che “non ci importa” delle minacce statunitensi.

Intanto, sul fronte interno, la Russia è tornata a fare i conti con gli attacchi dei droni ucraini. Secondo le autorità locali, i raid della scorsa notte hanno provocato diversi feriti. Un drone è precipitato su un’area industriale a Yelets, nella regione di Lipetsk, ferendo una persona, ha riferito il governatore Igor Artamonov. Un altro velivolo è caduto vicino a un’abitazione nel distretto di Dobrinsky, senza fare vittime. A Voronezh, città capoluogo dell’omonima regione, “diverse persone” sono rimaste ferite dai detriti di un drone abbattuto dalla difesa aerea, ha comunicato il governatore Alexander Gusev, aggiungendo che alcuni condomini residenziali sono rimasti danneggiati.

Parallelamente, si registrano nuovi attacchi anche sul territorio ucraino. Nella regione di Donetsk, a est del Paese, quattro civili sono rimasti feriti a Rodynske a causa di un attacco russo avvenuto nella notte. Secondo quanto riferito dal dipartimento per la politica dell’informazione della Procura regionale, “La città è stata presa di mira con un lanciarazzi multiplo Smerch ed è stato colpito un edificio residenziale”, come riportato da Ukrinform su Telegram.

Trump, da fuori tutto sembra più facile, e te ne sei accorto anche tu

Quando sarò Presidente, finirò la Guerra in Ucraina in 24 ore“. Questa frase non può che rimbombare incessantemente nella testa e nei cuori di chi dedica anche un solo pensiero alla tragica situazione al confine dell’Europa.

Tutto, poi, assume una sfumatura ancora più amara (e se vogliamo confusa) tornando con la mente a quella sera di febbraio in cui, alla Casa Bianca, Donald Trump ha quasi umiliato Zelensky in diretta mondiale, al punto di essere tacciato dai più critici di avere posizioni ‘filo-russe‘.

La realtà, pur nella sua complicatezza attuale, ha per assurdo una spiegazione molto semplice. Un po’ per necessità elettorali, un po’ (chissà) per una sorta di sottovalutazione del problema, il Presidente americano si è sempre esposto in maniera probabilmente troppo ottimistica sul conflitto Russia-Ucraina. E quanto detto non è un attacco alla figura del leader statunitense, ma una mera constatazione di quella che è sempre stata la sua posizione, figlia di tutt’altre priorità.

Il primo “Trump bis” si presenta infatti come strenuo difensore della “Inner America“: quella più rurale e del tutto indifferente ai temi geopolitici estranei alla realtà finanziaria e più prettamente pratica degli USA.

Tuttavia, fra la questione dazi, il difficile rapporto con una certa élite economico-imprenditoriale rappresentata dall’ex amico Elon Musk e i duri conflitti in Ucraina e a Gaza, l’attenzione del cameo più celebre di “Mamma ho Perso l’Aereo” è stata necessariamente sovrastata e spostata dalle intenzioni iniziali.

Ed è qui che nasce l’equivoco odierno di cui Trump è vittima, e allo stesso tempo responsabile: da una parte l‘obbligo di non voler mancare palesemente alle promesse fatte in campagna elettorale; dall’altra la voglia (o anzi, il bisogno) di superare le crisi geopolitiche il più velocemente possibile e senza sporcarsi troppo le mani.

Ma mai come in questo caso, “salvare capra e cavoli” sembra quasi impossibile. E gli ultimi sviluppi sul conflitto in Ucraina e l’atteggiamento di Putin, non lasciano spazio a particolari ottimismi. Ma anzi, ciò che prevale è un mesto e rassegnato sconforto per una crisi che, nella sua tragicità, è destinata a continuare ancora a lungo.

Francesco Bastianini

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