Un’esecuzione a sangue freddo, nel cuore di un piccolo centro dei Castelli Romani. Lunedì 8 luglio 2025, a Rocca di Papa, in provincia di Roma, Guglielmo Palozzi, 61 anni, ha ucciso a colpi di pistola Franco Lollobrigida, 35 anni, appena uscito dal carcere. Un gesto che le forze dell’ordine definiscono a tutti gli effetti un omicidio per vendetta.
La vicenda, che ha scosso l’opinione pubblica, è stata oggetto anche di un intervento critico da parte dell’avvocato e divulgatore Giuseppe Di Palo, ospite su “Radio Radio – Café“.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Guglielmo Palozzi avrebbe atteso Lollobrigida all’uscita dal carcere. Per poi raggiungerlo e colpirlo con un colpo d’arma da fuoco nei pressi dei giardini pubblici di piazza della Repubblica, nel centro del paese.
A motivare il gesto, secondo la prima ipotesi degli inquirenti, sarebbe stato il desiderio di vendetta: cinque anni fa, infatti, lo stesso Lollobrigida era stato ritenuto responsabile della morte di Giuliano Palozzi, figlio dell’aggressore, in seguito a un pestaggio legato a un debito di droga.
Nel 2020, tra Lollobrigida e Giuliano Palozzi era scoppiata una violenta lite in strada, terminata con una brutale aggressione. Secondo le ricostruzioni, Lollobrigida avrebbe colpito ripetutamente Giuliano con calci e pugni, lasciandolo privo di sensi. Il giovane è stato trasportato in ospedale con un grave ematoma cerebrale e sottoposto a un intervento chirurgico, ma non si è mai risvegliato.
Inizialmente arrestato per tentato omicidio, Lollobrigida è stato poi accusato di omicidio preterintenzionale. La condanna a 10 anni di reclusione è arrivata in secondo grado, con sentenza della Corte d’Assise d’Appello.
A commentare pubblicamente la vicenda è stato Giuseppe Di Palo, avvocato penalista molto attivo anche sui social. Durante la trasmissione radiofonica ha invitato a riflettere su come i fatti siano stati raccontati.
“Su questa vicenda non mi sento nella maniera più assoluta di poter entrare nel merito del gesto del papà, del dolore che lo ha portato a quel gesto”, ha dichiarato. Tuttavia, Di Palo ha sottolineato come attorno al caso si sia generata una campagna di disinformazione, a partire dal tempo effettivamente scontato da Lollobrigida.
“Si è detto che fosse stato condannato a dieci anni ma ne avesse scontati solo due. In realtà, la vicenda è molto diversa”, ha spiegato. “Lollobrigida era stato inizialmente sottoposto a misura cautelare, ma poi assolto in primo grado. Con l’assoluzione, la misura cade. Solo successivamente è arrivata la condanna in Appello”.
Se Di Palo evita ogni giudizio sul gesto dell’uomo, è però molto critico rispetto al clima generatosi sui social e nei commenti dell’opinione pubblica.
“Già qui c’è una prima campagna disinformativa che cerca di trovare del becero, laddove verosimilmente c’è qualcosa di distorto ma non necessariamente del marcio, almeno in questa vicenda”, ha detto.
Ma il punto più duro arriva nel finale dell’intervento: “Quello che mi dà fastidio è l’acclamazione, l’applauso delle persone di fronte a una vicenda dolorosissima sotto tutti i punti di vista. Acclamano la vendetta come se fosse una forma di giustizia, o peggio ancora, di sollievo dal dolore. E questa è una cosa che io non riesco proprio a tollerare”.
La tragedia di Rocca di Papa riporta al centro del dibattito pubblico temi delicatissimi: la tenuta del sistema giudiziario, il senso di giustizia delle vittime e il pericolo che la vendetta privata venga normalizzata o perfino celebrata.
Mentre proseguono le indagini e gli interrogatori dei testimoni presenti in piazza, l’arma del delitto è stata sequestrata e Guglielmo Palozzi si trova ora in stato di fermo. L’omicidio, sebbene motivato da un dolore umano comprensibile, pone interrogativi profondi sul ruolo della legge e sulla risposta emotiva della società a fatti tanto drammatici.
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