Alla fine, il pensiero unico, politicamente corretto ed eticamente corrotto, è riuscito ancora una volta a trionfare nel tempo della miseria, direbbe Hölderlin, di cui siamo, nostro malgrado, abitatori. È stato infatti annullato il concerto del russo Gergiev a Caserta, dopo l’ondata di polemiche e la deplorevole raccolta firme contro di lui.
Nonostante la resistenza, a tratti eroica, del presidente della Regione Campania, De Luca, la direzione della Reggia di Caserta ha deciso di annullare l’esibizione.
La sua colpa? Essere russo, e soprattutto non allineato alla narrazione dell’Occidente, anzi, dell’Occidente liberal-atlantista.
Questa narrazione vuole che la Russia di Putin figuri come uno stato totalitario, da normalizzare e rendere democratico grazie all’imperialismo etico, alle bombe democratiche e ai missili intelligenti della civiltà talassocratica a stelle e strisce.
Non si tratta, peraltro, di un caso isolato. Dopo Gergiev, è stato annullato anche il concerto del filorusso Aleksandr Romanovsky a Bologna, come leggiamo su Adnkronos.
Giubila scompostamente il coro virtuoso dei russofobici che ha promosso questa ignobile iniziativa di censura democratica e di bavaglio progressista.
Non sanno, o fingono di non sapere, che censurare la cultura è sempre e comunque un gesto ignobile di barbarie, degno non di un governo democratico, ma di un regime repressivo.
Quale, a tutti gli effetti, è ormai divenuto il nostro ordine occidentale.
L’ordine occidentale, infatti, figura oggi come una plutocrazia neoliberale finanziaria a base imperialistica, sempre pronta a reprimere ogni voce dissenziente, con il pretesto della censura democratica e della lotta alla disinformazione. Cioè ogni voce che si discosti dall’ordine discorsivo dominante. Quello che santifica i rapporti di forza asimmetrici della globalizzazione americanocentrica e turbocapitalistica.
Si fa presto a dire che quella di Putin è una dittatura. Ma sarebbe bene che l’Europa e l’Occidente iniziassero a guardare in sé stessi, per scoprire che — se davvero vogliono lottare contro le dittature — devono principiare a lottare anche contro sé stessi.
Poiché l’Unione Europea non rappresenta il paradiso della democrazia, come ripete senza tregua il logo dominante, bensì la distruzione e la destrutturazione di ogni residuo di spazio democratico nel vecchio continente.
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