Un ragazzo di 17 anni, Riccardo Boni, è morto lo scorso 10 luglio sulla spiaggia di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, dopo essere rimasto sepolto sotto la sabbia. Stava scavando una buca insieme ai fratellini quando la cavità è collassata, inghiottendolo. Nonostante gli sforzi dei soccorritori, per Riccardo non c’è stato nulla da fare: è stato estratto già privo di vita, dopo circa 40 minuti di ricerche.
Ora, la Procura di Civitavecchia ha iscritto nel registro degli indagati il padre del ragazzo, con l’ipotesi di omicidio colposo. Un atto che, come chiarisce l’avvocato Giuseppe di Palo ai microfoni di Radio Radio Café, è da considerarsi “un atto dovuto”.
“Nel nostro sistema giudiziario, l’iscrizione nel registro degli indagati in questi casi serve a garantire alla persona coinvolta il diritto di partecipare attivamente alle indagini”, spiega Di Palo. “Non si tratta né di una presunzione di colpevolezza né di un atto d’accusa: è un passaggio tecnico per garantire piena tutela legale”.
Secondo le prime ricostruzioni, il padre si trovava vicino al luogo dell’incidente. “Probabilmente era nei pressi della buca, forse addormentato su una sdraio. Da quanto emerge dalle fonti di stampa, sembra fosse lui il più vicino al ragazzo in quel momento”, precisa Di Palo. La madre, invece, era impegnata in altre attività e si è resa conto dell’assenza del figlio solo successivamente.
Il fatto che il ragazzo fosse minorenne, anche se quasi maggiorenne, è un elemento determinante: “La legge prevede che i genitori abbiano una posizione di garanzia verso i figli minorenni. In altre parole, sono tenuti a impedire situazioni potenzialmente pericolose. Questo, giuridicamente, giustifica l’iscrizione del padre”, spiega l’avvocato.
L’iscrizione nel registro degli indagati ha quindi lo scopo di garantire i diritti processuali del padre. “Solo chi è formalmente parte del procedimento penale può accedere agli atti e partecipare alle indagini. Un ‘quisque de populo’ non può ricevere informazioni se non illegalmente, e chi gliele fornisce commette un reato”, sottolinea Di Palo.
Le indagini vogliono chiarire quanto tempo sia passato tra il momento dell’incidente e l’intervento dei soccorsi, ma anche se altre persone erano presenti sulla spiaggia. “Il fatto che nessuno si sia accorto di nulla lascia perplessi. È anche per questo che il pubblico ministero apre un fascicolo: per fare chiarezza su elementi oscuri, non per puntare il dito”, precisa Di Palo.
In merito alla responsabilità legata alla buca, l’avvocato chiarisce: “Scavare una buca in spiaggia non è reato di per sé. Lo diventa solo se quel comportamento mette a rischio l’incolumità altrui e provoca lesioni. Una buca di modeste dimensioni, visibile a occhio nudo, non configura nessun illecito”.
Nei prossimi giorni verrà effettuata l’autopsia sul corpo del ragazzo, per capire se abbia avuto un malore o se si sia trattato esclusivamente di un tragico incidente. Solo dopo sarà possibile capire se e come proseguire l’indagine.
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