E ora che fare? È questa la domanda che si sono posti i funzionari — e soprattutto i leader — dell’Unione Europea, dopo aver letto la lettera firmata da Donald Trump, in cui il presidente degli Stati Uniti annuncia dazi del 30% su una lunga lista di beni europei, con entrata in vigore prevista per il 1° agosto.
La Commissione Europea ha reagito stilando una lista di controdazi su prodotti statunitensi per un valore complessivo di 72 miliardi di euro. Dentro ci troviamo di tutto: carni bovine, carni suine, SUV, pick-up, componenti aeronautici Boeing, bourbon del Kentucky, e via discorrendo. Questa lista, però, non entrerà in vigore prima di agosto.
Un’altra opzione messa sul tavolo da Bruxelles è l’imposizione di restrizioni al commercio dei servizi digitali, colpendo quindi le big tech americane.
Non solo: si parla anche dell’attivazione del meccanismo anti-coercizione, soprannominato il bazooka, che includerebbe misure più incisive come:
L’obiettivo dichiarato è mantenere un approccio negoziale multilaterale, coordinandosi con paesi come il Canada e il Giappone, anch’essi colpiti dai dazi di Trump, per negoziare con Washington e cercare nuovi accordi commerciali altrove. Bruxelles spera in un’intesa entro il 31 agosto.
Io, però, non sono d’accordo con chi dice che questo è il problema più grave che abbiamo.
Non si capisce che ci stiamo intestardendo sui dazi di Trump, quando i dazi più pericolosi sono quelli della nostra burocrazia europea.
Sono i dazi invisibili ma letali imposti alle imprese da un sistema normativo farraginoso, ideologico e inattuabile, a partire da certe regole green che sembrano scritte senza nessun legame con la realtà.
Questi dazi colpiscono in pieno le piccole, medie e soprattutto microimprese italiane.
Io, tra un’ora, sarò da una di queste aziende, per una consulenza strategica. Si tratta di un’impresa nel settore dell’edilizia che investe in innovazione, ma che si scontra quotidianamente con norme assurde e ostacoli che nulla hanno a che fare con la competitività o la sostenibilità.
La verità è che ciò che manca davvero, da anni, è una pianificazione strategica a livello politico.
Questa è la vera emergenza nazionale. E nessuno sembra volerla vedere.
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