I vaccini non hanno salvato “tutti”, ma due milioni di persone nel mondo. A dirlo è JAMA, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, in un articolo rigorosamente peer-reviewed (cioè sottoposto a vaglio e validazione da parte di pari grado esperti del settore).
Una ricerca che ha come focus le vite salvate dai vaccini anticovid, ci fa rivalutare però il loro effetto sui contagi nelle fasce più giovani, costrette all’inoculazione pena l’esclusione dalla vita sociale.
Lo studio è di John Ioannidis, professionista di chiara fama, nonché professore di epidemiologia, statistica e scienza dei dati biomedici dell’Università di Stanford in California.
I medici sostenitori del vaccino hanno sempre portato a sostegno della loro tesi il numero di vite salvate grazie al vaccino: cifre perlopiù di fantasia che la maggioranza delle testate giornalistiche e degli esperti da loro interpellati stimava in 20 milioni di persone.
Lo studio rigoroso condotto da Ioannidis e dai suoi collaboratori non giunge però alla medesima conclusione: il lavoro è stratificato per fasce di età e ridimensiona le cifre in maniera sostanziale. Quello che impressiona particolarmente è lo sbilanciato rapporto tra rischio e beneficio derivante dall’inoculazione per le fasce di popolazione più giovani.
Secondo Ioannidis, il numero di vite salvate dal vaccino è stimabile in due milioni e mezzo di persone nel mondo: un numero più che ragguardevole e di tutto rispetto. Se proseguiamo però nella lettura dello studio, notiamo che il 90% dei due milioni e mezzo di vite salvate appartiene alla fascia di età over 60, mentre nei bambini ed adolescenti nella fascia 0-19 anni, la percentuale è infinitesimale: solo lo 0.01%. Di poco superiore la percentuale di vite salvate nei giovani adulti, di età compresa tra i 20 e i 29 anni: lo 0.07% può dire di aver beneficiato dell’inoculazione.
Parliamo dunque di una fascia di popolazione in cui il rischio vaccinale era alto. Il beneficio inesistente. Un gruppo sottoposto ad obbligo vaccinale di fronte al quale quei 2 milioni e mezzo di vite salvate assumono una valenza completamente diversa, soprattutto alla luce dei tanti effetti collaterali che si sono sviluppati in quella fascia di popolazione.
Tenendo presente che il rapporto rischio-beneficio, nella somministrazione di qualsiasi farmaco, deve essere sempre tassativamente a vantaggio del beneficio, deduciamo che un dogma della farmacologia clinica è stato pienamente disatteso. Vezzo di una fase emergenziale in cui non si sapeva nulla ma si doveva agire in fretta? Non proprio, visto che il dubbio di molti esperti era sorto subito.
Perché allora l’obbligo di vaccinazione per i guariti? Perché per le donne in gravidanza? E perché per i bambini, ragazzi e giovani adulti?
Da qui la deduzione in diretta: “E’ stata certificata su studio scientifico l’inutilità del green pass”. A Un Giorno Speciale lo abbiamo chiesto alla deputata Alice Buonguerrieri (membro della Commissione Covid) e Giovanni Frajese, endocrinologo e docente all’Università degli Studi del Foro Italico.
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