Il referendum promosso per il 8-9 giugno non ha raggiunto il quorum necessario per essere valido, confermando una tendenza ormai consolidata nei referendum italiani degli ultimi anni. Nonostante l’importanza dei temi trattati, legati al lavoro e alla cittadinanza, l’affluenza si è attestata su valori ben al di sotto della soglia del 50%: il 30,6%. Tra i primi a commentare il risultato, il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha sottolineato come “ha vinto l’astensionismo organizzato” e ha aggiunto che “il quorum è diventato un ostacolo alla democrazia, proporremo di abolirlo”.
Dal fronte opposto, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha definito il risultato come “una enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità”, rimarcando la delusione politica legata alla mancata partecipazione.
Dal fronte sindacale arrivano forti le parole del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, che ha commentato l’esito del referendum in conferenza stampa: “Il nostro obiettivo era raggiungere il quorum, è chiaro che non ci siamo riusciti. Oggi non è una giornata di vittoria. Tuttavia, gli ultimi dati indicano che oltre 14 milioni di persone hanno votato in Italia, a cui si aggiungeranno gli italiani all’estero: un numero significativo, un punto di partenza. I temi posti dai referendum restano sul tavolo”.
In diretta su LAVORI IN CORSO, Francesco Cianfanelli di YouTrend ha offerto una lettura approfondita dell’esito del recente referendum su lavoro e cittadinanza, concentrandosi in particolare sul mancato raggiungimento del quorum e sulle dinamiche di voto.
“L’affluenza finale, attestatasi intorno al 30,6%, conferma un andamento ormai noto nelle consultazioni referendarie. Il quorum, fissato al 50% più uno degli aventi diritto, si dimostra ancora una volta un traguardo difficile da raggiungere in un contesto di crescente astensione. Nel confronto con le elezioni politiche, dove la partecipazione supera il 60%, e con le europee, sotto il 50%, i referendum continuano a registrare un consenso più basso.
Una spiegazione chiave risiede nella bassa partecipazione soprattutto degli elettori del centrodestra, molti dei quali hanno preferito non recarsi alle urne, contribuendo così a non far raggiungere i numeri necessari. Tuttavia, il dato di circa 14 milioni di votanti, con un consenso intorno all’85% di sì, non è da sottovalutare: rappresenta una base significativa, anche considerando che il voto degli italiani all’estero deve ancora essere completamente conteggiato“.
“Un elemento particolarmente interessante è il dato relativo al referendum sulla cittadinanza, che registra un consenso più contenuto, intorno al 65% di sì. Questo quesito si è rivelato il più controverso, confermando le previsioni degli ultimi sondaggi. Nonostante ciò, è stato anche quello che ha visto maggior mobilitazione da parte delle forze di opposizione, con una chiamata al voto più decisa e attiva rispetto agli altri temi“.
“Un altro aspetto emerso dall’analisi riguarda la correlazione tra il livello di istruzione e la partecipazione al voto. Le province con una maggiore percentuale di laureati hanno mostrato affluenze più elevate e una maggiore propensione al voto favorevole. Nei grandi centri urbani, come Torino e Milano, il referendum sulla cittadinanza ha ottenuto persino risultati superiori a quelli sul lavoro, una tendenza che si discosta dal resto del Paese.
Questo fenomeno può essere interpretato anche alla luce della composizione politica e sociale di queste aree, spesso più aperte e progressiste, dove le tematiche legate all’immigrazione trovano maggior favore“.
“Infine, l’analisi evidenzia una differenza significativa tra le grandi città e le zone periferiche o rurali. Le aree urbane, tradizionalmente più progressiste, hanno fatto registrare percentuali di voto più alte e una maggiore inclinazione verso il sì, mentre le periferie, dominate da forze di centrodestra, hanno mostrato una partecipazione inferiore.
Questa dinamica rispecchia l’attuale assetto politico italiano, dove la maggioranza della popolazione risiede in comuni di dimensioni medio-piccole e dove il centrodestra mantiene una presenza forte, complicando la possibilità di cambiamenti rapidi su scala nazionale“.
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