C’è un momento, nella storia di ogni paese, in cui la democrazia si trova davanti allo specchio e fatica a riconoscersi. Le elezioni rumene di quest’anno rappresentano uno di quei momenti: una corsa elettorale che, invece di rafforzare la fiducia nelle istituzioni, sembra averla minata, lasciando cittadini e osservatori internazionali con più domande che risposte.
Il primo nodo critico di questa tornata elettorale è l’esclusione di Andrei Georgescu, figura di spicco e candidato con un seguito crescente. La sua esclusione, (mai motivata in modo trasparente dalle autorità competenti, visto che nelle motivazioni pubblicate dalla corte costituzionale non è presente alcuna prova delle ingerenze cinesi sui rendimenti social del candidato) ha lasciato un vuoto non solo sulla scheda elettorale, ma anche nel dibattito pubblico. In un sistema che si definisce democratico, la mancanza di chiarezza su decisioni così impattanti mina la credibilità dell’intero processo. I cittadini hanno diritto a sapere perché un candidato viene escluso: senza spiegazioni, si alimenta il sospetto di manovre oscure e si indebolisce la percezione di equità.
Come se non bastasse, la gestione delle votazioni ha assunto i contorni di un paradosso kafkiano: si è votato, si è rivoto, e si è tornati a votare ancora. Questa ripetizione, che potrebbe sembrare un esercizio di zelo democratico, si è trasformata in una vera e propria “sgrammaticatura” istituzionale. La democrazia, infatti, vive di regole chiare e tempi certi: il continuo rivotare, senza una comunicazione efficace sulle motivazioni e sulle procedure, ha generato confusione e stanchezza tra gli elettori, oltre a gettare un’ombra sull’effettiva capacità del sistema di garantire risultati affidabili.
La presidenza di Dan, candidato europeista uscito vincente dall’ultimo spoglio, inizia con un’ombra non indifferente, e non serve parteggiare per l’altra parte per rendersene conto: “Vogliamo giustificare altrimenti un sistema che umilia e vessa quello che è diventato il 47% dei rumeni? Ma veramente?”
Nel video l’editoriale di Daniele Capezzone.
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