E adesso leggo che in Francia il governo sta di fatto rendendo impossibile l’affitto delle case non green. Proprio così chi possiede una casa non aggiornata con le nuove politiche verdi si trova ora nelle condizioni di non poterla più affittare. Si tratta, a nostro giudizio, della linea di tendenza generale che vedremo presto affermarsi anche nel resto dell’Europa, linea rispetto alla quale semplicemente la Francia giunge prima degli altri.
Come non mi stanco di ripetere ad nauseam, la questione ambientale deve essere affrontata in maniera radicalmente diversa da come l’affronta l’ambientalismo neoliberale, che è funzionale all’ordine dominante, e il cui verde è quello dei dollari, non certo quello della natura. In estrema sintesi, la distruzione dell’ambiente è il portato necessario del modo capitalistico della produzione, il primo nella storia umana a non trovare un equilibrio con l’ecosistema, ma a portare necessariamente a quella che Carlo Marx chiamava la frattura metabolica, vale a dire la corruzione irreparabile dell’equilibrio tra uomo e ambiente. Il vero ambientalismo, di conseguenza, coincide con l’anticapitalismo.
L’ambientalismo neoliberale, invece, opera ben altrimenti, svolgendo anzitutto una parte apotropaica rispetto all’ambientalismo anticapitalistico. Ci spiega che i drammi dell’ambiente, lungi dall’essere prodotti dal mercato, possono solo dal mercato essere risolti, appunto con le politiche verdi e con la green economy. Detto altrimenti, il capitalismo trasforma anche i propri disastri ambientali in fattori di business.
Per un verso, produce una ulteriore ondata di mercificazione della natura, imponendo il teorema del chi inquina paga. Teorema in forza del quale, lo ha ripetuto con stupefacente banalità anche Leone XIV in questi giorni, inquinare è possibile a patto che si paghi, magari anche con il sistema mercantile detto del carbon trade. In secondo luogo, prende forma un leviatano verde, un riformismo dall’alto incardinato sull’eco-autoritarismo, quello in forza del quale, appunto, si stravolge la vita dei cittadini lasciando ricadere sulle loro spalle la responsabilità delle politiche ambientali, mediante una rete capillare di norme come quella dell’efficientamento energetico, che in astratto vogliono tutelare l’ambiente e, in concreto, potenziano l’accumulazione capitalistica, sia pure in forma verde.
Insomma, come solito, le classi dominanti producono i disastri, anche quelli ambientali, e poi lasciano generosamente alle masse popolari il compito di provvedere a risolverli. Fu per inciso su queste basi soprattutto che scaturì la gloriosa rivolta delle giubbe gialle in Francia. Ma come un cubo rovesciato resta pur sempre un cubo, analogamente un capitalismo ritinteggiato di verde resta pur sempre capitalismo e dunque non fa che riproporre la stessa contraddizione che sta alla base della devastazione ambientale che stiamo patendo.
Dalla quale si esce, lo ripetiamo, non con le politiche verdi di cui si diceva, ma solo mediante il mutamento radicale del paradigma della produzione. Sì, l’economia verde dell’ambientalismo neoliberale non risolve il dramma ambientale, ma lo rinnova di giorno in giorno, sia pure occultato dietro la vernice verde.
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