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La verità sulle trattative di pace che repelle ai ciechi di guerra: “Qualcuno avverta Zelensky”

Negli ultimi giorni, molti titoli di giornale si sono affrettati a interpretare un gesto di apertura da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky come un segnale verso Mosca. “Zelensky apre a Putin“, “Contropiede di Zelensky”, “Pronto al dialogo, ma solo con Putin”—così recitano le prime pagine, quasi volessero tratteggiare l’immagine di un leader magnanimo che, dopo mesi di guerra, tende la mano al nemico.

Ma è davvero così? È lecito domandarselo

L’impressione, per chi osserva con un minimo di distacco, è che ci si stia raccontando una narrazione rassicurante, forse utile a chi ha sostenuto fin dall’inizio una linea di scontro frontale con la Russia, confidando in una rapida vittoria. Una narrazione che oggi sembra fare i conti con la realtà: quella di un conflitto che non si è chiuso nei tempi previsti, e che ha rivelato l’insufficienza, se non il fallimento, della strategia occidentale.

È in questo contesto che Vladimir Putin, pur con tutte le sue colpe e responsabilità — su cui non si discute — oggi si trova in una posizione che gli consente, nel bene o nel male, di dettare le condizioni. E lo dice apertamente: “Chi perde non può dettare condizioni”.

Questa frase, riportata anche sulle colonne del Corriere della Sera, non è solo una provocazione: è il manifesto di un equilibrio di forza che, piaccia o meno, ha preso forma sul campo. La tregua auspicata — da Trump oggi, da altri ieri — fatica a materializzarsi proprio perché, nel frattempo, chi poteva favorire una trattativa ha spesso preferito ignorare le dinamiche pregresse, i morti nel Donbass, le rivoluzioni e i colpi di Stato, riducendo la guerra a uno schema binario: invasore e invaso, male contro bene.

Ma il mondo reale è più complesso. Lo è sempre stato

E in questo scenario, continuare a raccontare Zelensky come il “sovrano illuminato” che concede la grazia del dialogo rischia di essere non solo ingenuo, ma controproducente. Perché a Mosca non ci sono orecchie disposte ad ascoltare messaggi costruiti per i titoli dei media occidentali. C’è invece un potere che, con freddezza strategica, rivendica il diritto di fissare tempi e modalità di una trattativa.

Che ci piaccia o meno, è con questa realtà che l’Occidente dovrà fare i conti. E forse è proprio questa la vera scommessa di Zelensky: riuscire a trattare senza far finta di aver vinto. Perché finché l’Europa e gli Stati Uniti continueranno a parlare di pace nei propri termini, fingendo che nulla sia cambiato, è difficile immaginare che dall’altra parte del tavolo si presenti qualcuno disposto ad ascoltare.

Fabio Duranti

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