A tu per tu con Luca Parmitano, astronauta dell’ESA e pilota collaudatore dell’Aeronautica Militare, per esplorare il senso del rischio, il coraggio e la visione di un futuro oltre l’orbita terrestre. Dalle missioni vissute al limite, fino alle prospettive del programma Artemis, Parmitano, ai microfoni di ‘Astrea – Il futuro che verrà’ ci accompagna in un racconto lucido e ispirato su ciò che significa davvero vivere e operare nello spazio da astronauta dei record.
Parmitano non esita quando gli si chiede di raccontare i momenti in cui ha rischiato la vita. Due eventi drammatici, uno atmosferico e uno extra-atmosferico, lo hanno messo duramente alla prova: nel 2005, durante un volo militare su AMX, e nel 2013, nello spazio, durante una passeggiata extraveicolare finita con l’allagamento del casco.
“Attribuisco tutto all’addestramento“, afferma con fermezza. “Un astronauta, come un pilota, non arriva impreparato a una missione. Ci sono dietro migliaia di ore di simulazioni e prove. E in quei momenti è proprio la preparazione che prende il sopravvento”.
Ma che ruolo gioca la paura in situazioni tanto estreme? La paura non è contemplata, dice. “La preparazione serve proprio a questo: ad allontanarla e a concentrarsi sulla risoluzione del problema, non sul problema stesso”.
Parmitano lo dice chiaramente: è pronto a intraprendere una nuova fase della sua carriera. Il ritorno sulla Luna, con le future missioni del programma Artemis, rappresenta il prossimo grande salto per l’umanità – e per lui, un’opportunità da cogliere.
“Mi sto preparando, come tutti gli astronauti, non solo al volo ma anche al ruolo di formatore“, racconta. “Collaboro con i colleghi della NASA, affiancando gli equipaggi europei e americani nel loro addestramento. È un modo per rimanere vicino alle operazioni e apprendere ogni aspetto delle missioni lunari, sia che si tratti del Gateway, sia della superficie del nostro satellite”.
A differenza della Stazione Spaziale Internazionale, che orbita a 400 km dalla Terra, la Luna dista 400.000 chilometri. Questo cambia tutto: logistica, sopravvivenza, tecnologie. “L’ambiente lunare è estremamente ostile, e l’architettura delle missioni è ancora in fase sperimentale”, spiega Parmitano.
Ogni equipaggio sarà addestrato in modo specifico in base agli obiettivi della missione. “Dovremo imparare a muoverci verso i poli lunari, dove si concentrerà l’esplorazione. Trasportare materiali, costruire basi, rimanere operativi a lungo: tutte queste sfide richiederanno nuove competenze e strategie personalizzate“.
La missione Artemis non è solo tecnica, è anche politica e culturale. Per la prima volta, la NASA è guidata da un amministratore proveniente dal settore privato e dal volo civile. Un passaggio di testimone che secondo Parmitano apre scenari interessanti.
“Il cambiamento è sempre un’opportunità“, afferma. “Soprattutto quando viene affidata una realtà come la NASA a qualcuno che viene da fuori, da un contesto imprenditoriale. È un cambio di paradigma, che può portare nuova energia e nuovi approcci alla ricerca spaziale”.
Con una visione proiettata al futuro, Parmitano immagina un’esplorazione spaziale sempre più aperta e condivisa: “La corsa allo spazio è oggi più affollata che mai. Enti pubblici e privati collaborano e competono, e questo può solo far bene all’innovazione”.
Nel suo ruolo di astronauta, tecnico e testimone del cambiamento, Parmitano incarna l’essenza di una nuova generazione di esploratori: consapevoli del passato, ma orientati al futuro.
“Pensare fuori dalla zona di comfort è il nostro mestiere”, conclude. “E la Luna, così lontana e ancora sconosciuta, è il luogo perfetto per mettere in pratica tutto ciò che abbiamo imparato… e molto di più”.
ASCOLTA QUI L’INTERVISTA INTEGRALE DI ROSANNA PIRAS A LUCA PARMITANO
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