Dopo 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, lo scorso marzo il caso di Garlasco è stato riaperto dalla Procura di Pavia grazie a nuove prove scientifiche e a una testimonianza inedita emersa durante una puntata della trasmissione televisiva “Le Iene”. Le indagini, ferme da anni, stanno ora subendo una netta accelerazione, con l’obiettivo di ricostruire ciò che accadde realmente il 13 agosto 2007.
Questo, grazie anche, e forse soprattutto, al lavoro strenuo dell‘avvocato di Alberto Stasi, Giada Bocellari, intervenuta in diretta su “LAVORI IN CORSO“, con Stefano Molinari. Insieme al legale della difesa, presente telefonicamente anche il giornalista de “Le Iene” autore del servizio dedicato al nuovo testimone: Alessandro De Giuseppe.
“Al di là delle mie sollecitazioni, bisogna sottolineare che è stata una Procura della Repubblica a voler riaprire il caso. Basta leggere gli atti del vecchio processo per capire che a carico del mio assistito (Alberto Stasi ndr) non c’è assolutamente nulla, se non una narrazione tossica. Errori nelle indagini ce ne sono stati ed è stato appurato: ora basta con ricostruzioni inesistenti”.
Le parole di Alessandro De Giuseppe: “La testimonianza in cui ci siamo imbattuti è credibilissima, e si sta rivelando veritiera. Non a caso da quel canale stanno emergendo degli elementi molto interessanti in funzione delle indagini. Non so dove si arriverà, ma una cosa mi sento di dirla (assumendomi tutta la responsabilità): Alberto Stasi è innocente. E i colpevoli sono ancora in giro”.
Il nodo centrale della riapertura è rappresentato dal DNA trovato sotto le unghie della vittima, un elemento finora sottovalutato. Quattro genetisti hanno recentemente confermato la compatibilità del profilo genetico con quello di Andrea Sempio (ora indagato per omicidio in concorso), amico del fratello della vittima, o di un soggetto maschile della sua cerchia familiare. Questa pista, archiviata nel 2017, è tornata al centro delle indagini.
Il primo a sottolineare la rilevanza di questa traccia fu il genetista Pasquale Linarello, consulente della difesa di Alberto Stasi, nel 2016. All’epoca, le sue valutazioni vennero respinte dalla Procura pavese. Oggi, però, anche Carlo Previderè, genetista della stessa Procura, ha confermato la validità delle analisi di Linarello, grazie ai progressi delle tecniche forensi.
GARLASCO – Elemento di svolta nella nuova inchiesta è stata la dichiarazione di un superteste presentato dalla trasmissione “Le Iene”, che ha raccontato di aver visto una donna in bicicletta gettare un oggetto metallico pesante in un canale della zona, proprio nei giorni successivi al delitto. Questo racconto, ritenuto credibile, ha spinto gli investigatori a verificare sul campo l’area segnalata.
Il testimone, mai sentito prima nell’ambito delle indagini, è stato interrogato dai Carabinieri e ha confermato la sua versione. Le sue dichiarazioni si incrociano con quelle di un altro teste già escusso durante la prima inchiesta. La credibilità del racconto e il dettaglio dell’oggetto metallico hanno portato a nuove ricerche sul territorio.
Le ricerche si sono concentrate nel comune di Tromello, lungo un tratto del Cavo Bozzani, vicino alla casa che un tempo apparteneva alla nonna delle gemelle Cappa, cugine di Chiara Poggi – mai indagate, ma ora nuovamente nominate. Gli inquirenti cercano un attizzatoio da camino, che potrebbe essere la presunta arma del delitto, mai ritrovata.
Secondo la madre della vittima, Rita Poggi, gli attrezzi del camino sarebbero ancora tutti in casa. Tuttavia, gli inquirenti hanno deciso di non escludere nulla, procedendo con lo svuotamento del canale, usando paratie, idrovore e il supporto dei Vigili del Fuoco, che hanno effettuato un vero e proprio dragaggio manuale del fondale.
Accanto al DNA sotto le unghie, sono tornati in auge altri elementi mai analizzati in modo approfondito. Tra questi: impronte digitali sconosciute, un tampone orale prelevato durante l’autopsia di Chiara Poggi ma rimasto inutilizzato e un frammento di tappetino del bagno, con un’impronta associata ad Alberto Stasi ma mai sottoposta a esame genetico.
Questi reperti, messi da parte all’epoca per limiti tecnologici o considerazioni giudiziarie, sono ora al centro di una nuova stagione investigativa. L’intento della Procura è quello di valutare concretamente la possibilità di un nuovo procedimento giudiziario, partendo da basi scientificamente solide.
Condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di carcere, Alberto Stasi si trova oggi in semilibertà. Ha sempre dichiarato la propria innocenza, e l’emergere di questi nuovi elementi riaccende il dibattito sulla verità giudiziaria e quella fattuale. La sua figura, seppur formalmente non coinvolta nella riapertura, torna indirettamente in gioco.
La Procura, oggi, sembra voler andare oltre le verità stabilite in passato, per verificare ogni dettaglio trascurato.
ASCOLTA L’INTERVENTO INTEGRALE SU “LAVORI IN CORSO” – CON STEFANO MOLINARI
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