In un piccolo comune del trevigiano, un’attività didattica organizzata da una scuola materna parrocchiale ha acceso un acceso dibattito mediatico e politico. I bambini, di età compresa tra i tre e i cinque anni, sono stati accompagnati dalle insegnanti in visita a un centro islamico locale, dove, secondo quanto riportato, è stata inscenata una preghiera musulmana
I piccoli alunni sarebbero stati fatti inginocchiare rivolti verso la Mecca, con le insegnanti che avrebbero indossato il velo, mentre un imam guidava simbolicamente la preghiera. L’intento, secondo i promotori dell’iniziativa, era quello di promuovere il dialogo interculturale e far conoscere ai bambini una religione diversa dalla propria. Tuttavia, la messa in scena ha sollevato polemiche, anche per il contesto confessionale dell’istituto, che si riconosce nella tradizione cattolica.
A sollevare la polemica ai microfoni di CapezZoom è lo stesso Daniele Capezzone, che ha definito l’episodio “una roba da pazzi”. Il direttore di Libero ha criticato duramente l’iniziativa: “Confondere la conoscenza con la simulazione del rito è gravissimo. Le maestre col velo, i bambini in ginocchio… ma siamo impazziti?”. Capezzone ha sottolineato come un approccio educativo volto alla scoperta delle diverse fedi sia legittimo, anche auspicabile, ma senza mai arrivare alla messa in scena rituale, specie con bambini così piccoli: “Altro è spiegare ai bambini che esistono più vie verso Dio. Altro è portarli in moschea e farli pregare come se fossero musulmani”.
L’editoriale prosegue con un attacco al presunto doppio standard di chi invoca la laicità solo in relazione alle tradizioni cristiane. “Siamo in un Paese dove non si può fare il presepe a scuola, non si può dire Natale, si tolgono i crocifissi per rispettare la laicità. Però – denuncia Capezzone – si portano i bambini in moschea a pregare rivolti verso la Mecca. Dov’è finita la coerenza?”. Il giornalista invita a immaginare cosa sarebbe accaduto se, in un Paese a maggioranza musulmana, dei bambini fossero stati portati a pregare in una chiesa cristiana o in una sinagoga: “Sarebbe venuto giù tutto”. L’episodio, a suo avviso, non solo è un errore educativo, ma un segnale di un clima culturale “in cui la sottomissione viene scambiata per tolleranza”.
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