L’edizione 2025 del Festival di Sanremo ha acceso un dibattito postumo che con le canzoni e le esibizioni andate in onda durante il Festival ha poco a che fare. La top 5 della finalissima nell’occhio del mirino. Il motivo? Nessuna presenza femminile tra gli artisti arrivati fino in fondo alla kermesse. L’accusa è quella di un sentimento patriarcale insito, che si traduce in una classifica finale orfana di interpreti femminili.
Daniele Capezzone non ci sta e ai microfoni di CapezZoom sbotta sull’argomento: “Poteva forse mancare il patriarcato in questo dibattito allucinante su Sanremo che ci ha sfinito? Ovviamente no. Non potevano mancare le solite femministe o femministi a dire: “Però, i vincitori sono tutti maschi, nella scena finale di Falco erano tutti uomini”.
Beh, è vero, erano tutti uomini. Ma lasciatemi dire che il problema minore era il sesso dei premiati. Il problema maggiore era, semmai, quello che avevano cantato. Stamattina, sfogliando i giornali, trovi un paginone firmato da Simonetta Sciandivasci che parla di patriarcato, patriarcato ovunque. Poi prendi Repubblica e c’è Michela Marzano in prima pagina: sì, erano tutti uomini, però “fragili”. Quindi non patriarchi dominanti, ma uomini fragili, perché cantavano di un amore ormai passato, di nostalgia…
Insomma, ci dobbiamo chiedere: sono troppo forti e prepotenti, come dice La Stampa, o troppo fragili, come sostiene Repubblica? È un patriarcato forte o un patriarcato debole? Io non riesco a capirlo, sinceramente. E, francamente, mi sono un pò stufato.
Ma si può semplicemente dire che è stato un festival senza talento? C’è una canzone che ci ricorderemo tra due mesi? Anzi, che dico, tra due settimane?”
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