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Perché Trump non è l’imperatore buono che salverà l’Europa

Alla fine è giunto il giorno tanto atteso, o tanto temuto, a seconda dei punti di vista: l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, il “codino biondo” che fa impazzire il mondo. La cerimonia è stata, come sempre, una vera e propria americanata: stucchevole e in stile hollywoodiano, ma questo era già prevedibile. Da segnalare l’assenza del “guitto di Kiev”, l’attore con la “N” maiuscola Zelensky, che pare avesse ripetutamente chiesto di essere invitato.

Un’assenza che ci sembra già un segnale da non sottovalutare. Biden, l’arcobalenico e vegliardo presidente uscente, conclude il suo mandato con l’ultima malefatta: la grazia preventiva concessa a Fauci. A tal proposito, se una persona è innocente, perché mai dovrebbe accettare una grazia? Ricordiamo che Gramsci non la accettò.

Riconoscere la grazia non equivale forse a riconoscere implicitamente la propria colpevolezza? In ogni caso, desidero riconfermare la mia diagnosi: peggio di Donald Trump, solo Joe Biden. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, a beneficio di quei molti che sperano in una rivoluzione radicale delle strutture stesse del sistema dominante.

Ebbene, tale rivoluzione non avverrà, per la semplice ragione che Donald Trump è parte integrante, sia pure come anomalia, di questo stesso ordine dominante. Trump non è un salvatore, non è un redentore, non è un rivoluzionario. Nel 2017, infatti, deregolamentò la finanza a beneficio di Wall Street, altro che “amico del popolo”.

Inoltre, è pienamente schierato dalla parte di Israele, esattamente come Biden. Persino il Cremlino, nei giorni scorsi, ha fatto sapere di non aspettarsi grandi cambiamenti con l’avvento di Trump. La cosa più ridicola, però, resta l’atteggiamento da sudditi degli europei, che continuano a sperare nell’imperatore “buono” anziché mettere in discussione il loro status di sudditi perenni dell’impero a stelle e strisce. Una condizione che, naturalmente, continuerà anche sotto Trump.

Come primo atto, Trump ha già smantellato l’oscena impalcatura “woke” arcobaleno: si torna ai due soli sessi, e vengono cancellate le politiche arcobaleno. È una cosa giusta e buona, sia chiaro, ma non basta. È una misura, potremmo dire, indispensabile, ma del tutto insufficiente.

L’arcobaleno, infatti, è un effetto perverso del libero mercato deregolamentato. Sicché eliminare l’arcobaleno lasciando intatto il libero mercato significa cancellare gli effetti, ma continuare a coltivare le cause.

Come prevedibile, Trump non farà assolutamente nulla contro il fanatismo del libero mercato, di cui è non solo un fervente sostenitore, ma anche una delle massime espressioni.

E che dire di Elon Musk? Durante la cerimonia, lo abbiamo visto comportarsi come un attore hollywoodiano, arrivando persino a fare il saluto romano, forse per evocare il ritorno del “grande impero di Roma”. Una scena francamente raccapricciante, specie se confrontata con la serietà della politica italiana prima della fine della Prima Repubblica.

Fa sorridere vedere persone, in Europa e in America, che credono che Trump ed Elon Musk rappresentino il cambiamento, quando in realtà non sono altro che dramatis personae dell’integralismo del libero mercato e delle crescenti asimmetrie che esso produce.

Elon Musk, per inciso, è uno degli uomini più ricchi del pianeta: altro che antagonista del sistema dominante. Insomma, tutto cambia affinché nulla cambi. Dal capitalismo arcobaleno e “green” si passa ora a quello grigio; dalla sinistra fucsia si transita alla destra bluette.

Il capitalismo imperialistico continua la sua rovinosa marcia come se nulla fosse, proponendo un’alternativa apparente tra Trump e Biden. Una finta antitesi che, in realtà, ripropone sempre lo stesso sistema totalitario.

Ed è proprio qui che sta la forza del capitalismo: nel creare antagonismi tra parti che sono entrambe espressione del medesimo ordine, contribuendo così a far apparire pluralistico un sistema che, strutturalmente, non lo è.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro

Diego Fusaro

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