“Ciò che il gregge odia di più è colui che la pensa diversamente. Non è tanto l’opinione in sé, ma l’audacia di voler pensare con la propria testa, cosa che non sanno fare”. Proprio da questa massima di Arthur Schopenhauer parte la riflessione di Fabio Duranti ai microfoni di Un Giorno Speciale. Risvegliare il pensiero critico delle persone, dovrebbe essere l’obiettivo principale di chi guida e indirizza la comunicazione. In un periodo storico in cui abbiamo imparato a conoscere concetti come il “pensiero unico” o aggettivi figli dei nostri tempi come “complottista”, abbiamo bisogno di pensare con le nostre teste, guidati da un’informazione che non batta alcuna bandiera.
A questo proposito, Diego Fusaro, è intervenuto in diretta: “È chiaro che Schopenhauer, scrivendo quelle mirabili righe, stesse riflettendo sulla sua professione di filosofo, una figura che, da sempre, pensa al di fuori del gregge. Questo spiega anche l’antica inimicizia tra la politica e la filosofia. Il filosofo, infatti, sovverte l’ordine comune delle cose, rovescia il mondo rispetto alle opinioni dominanti e mostra una prospettiva diversa. Del resto, per citare un altro grande del pensiero occidentale, Cartesio, non si può essere filosofi se non si è dubitato di tutto almeno una volta nella vita. Il vero gesto del pensiero, secondo Cartesio, consiste proprio nell’accettare come vero solo ciò che è indubitabile. Pertanto, di fronte a qualsiasi narrazione o evidenza, bisogna sempre verificare se sia chiara, distinta e resistente al dubbio.
Questa pratica, che potremmo definire l’abc della filosofia, da Socrate a Cartesio, oggi viene spesso screditata con una parola della neolingua: “complottismo”. Chiunque osi dubitare viene immediatamente etichettato come complottista dal gregge dominante. Eppure, seguendo questa logica, sarebbe complottista lo stesso Cartesio, che dubitava di tutto per arrivare alla certezza, o Schopenhauer, che nel Mondo come volontà e rappresentazione mette in dubbio l’intero mondo fenomenico, il mondo delle apparenze. Schopenhauer, semplificando, sostiene che ciò che percepiamo quotidianamente è solo un’apparenza rispetto a un noumeno, una verità sottesa ai fenomeni. Non esiste filosofia senza mettere in discussione la fenomenicità delle cose, le apparenze, le opinioni e le narrazioni ufficiali. In questo senso, l’intera filosofia potrebbe essere considerata, con un termine odierno, un esercizio di “complottismo”, una critica sistematica delle apparenze. In un’epoca in cui si parla tanto di “immunità di gregge”, forse dovremmo piuttosto aspirare a conquistare l’immunità dal gregge.
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