Sono passati trent’anni dalla morte di uno dei geni indiscussi della comicità italiana: Massimo Troisi. Di lui ci mancano la battuta pungente, pronta ed intelligente. Quella comicità napoletana arguta che si celava dietro la figura dell’antieroe fragile, che lui stesso portava sullo schermo. Fino alla data fatidica del 4 giugno 1994: giorno in cui l’attore e regista simbolo del cinema italiano degli anni ’80, morì a casa della sorella ad Ostia. Un luogo non lontano da dove morì il collega Pasolini.
Per ricordare il genio e l’estro artistico di Massimo Troisi, Francesco Caselli ha intervistato a Radio Radio Café, il collega e amico Renzo Arbore.
“Con Massimo abbiamo fatto tante cose. Abbiamo fatto Rosamunda, Rossano Brazzi che è diventato un must, fatta benissimo e improvvisata con Nino Frassica. Con Massimo anche a casa ci divertivamo a fare delle cose divertentissime e peccato che non le abbiamo registrate tutte!”
Renzo Arbore conosceva il vero spirito del “comico malinconico” , che lo stesso Troisi non ha mai voluto nascondere al suo amatissimo pubblico.
“Massimo è un amico, un rivoluzionario, un uomo che ha dato un’immagine di Napoli totalmente nuova e diversa, alternativa a quella solita. Ovviamente non cancellava la bellezza dell’edonismo della Napoli di Eduardo De Filippo e altri esponenti della comicità napoletana. L’ultimo ricordo è stata una telefonata che gli ho fatto io, facendogli molti auguri perché partiva per Houston: purtroppo non ricevetti mai risposta”.
E Arbore ricorda il suo amico, utilizzando il tempo presente: quasi come se il ricordo di Troisi fosse rimasto cosi indelebile, da renderlo quasi eterno. In fondo, non soltanto per Arbore, ma anche un po’ per tutti noi.
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