L’eccesso di mortalità in Nuova Zelanda ai tempi del Covid ha fatto venire fuori un dato interessante anche per i dettagli con cui è stato pubblicato direttamente dal governo.
In particolare, sulla correlazione tra alcune morti e il vaccino (reso obbligatorio anche lì), “nessuno nel mondo ha pensato di fare le correlazioni con le date in cui sono stati iniettati”. A parlare è Liz Gunn, avvocato e giornalista, leader del partito NZLP nato nel 2023 tra i cui capisaldi c’è la ricerca della verità su quanto accaduto sui sieri. La giornalista ha partecipato all’incontro organizzato a Montecitorio dalla Commissione Medico Scientifica Indipendente.
Solo in alcune nazioni come la Nuova Zelanda con l’aiuto degli statistici si è potuto fare un raffronto tra alcuni decessi e la data di inoculazione. In seguito a un open day vaccinale a Invercargill, la data di decesso di alcuni partecipanti e la probabilità statistica che questo potesse accadere (com’è accaduto) entro sei mesi dalla vaccinazione è stata giudicata quasi impossibile dagli esperti chiamati in causa.
Ovviamente diversi governi e media utilizzano il fatto che non tutti (per fortuna) muoiano e non tutti lo facciano nello stesso momento, mascherando il decesso come un caso. Poi però c’è la probabilità statistica: “Statisticamente, perché quelle 51 persone morissero per caso, il vaccinatore avrebbe dovuto inoculare 24 ore al giorno per 38 anni“. Difficile – se non impossibile – parlare di casualità.
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