Trovo davvero surreale parlare di riforma del patto di stabilità e crescita senza rivedere parametri immobilizzati da oltre 30 anni. Questi criteri, totalmente anacronistici e privi di fondamento teorico o scientifico, riguardano il trattato di Maastricht: il 60% del rapporto debito/PIL e il 3% del rapporto deficit/PIL.
Un articolo del Sole 24 Ore cita un giornale tedesco, riconoscendo che il vincolo del 3% non ha alcuna base, nato solo per le esigenze del governo francese degli anni ’80. Inizialmente mirava a contenere il deficit francese, ma nel 1991 è diventato un vincolo europeo. Le domande cruciali riguardano la mancanza di un vincolo per il deficit estero, favorevole al cartello finanziario internazionale, e l’ignoranza del debito aggregato, che evidenzierebbe l’esposizione insostenibile della Francia.
Una riforma seria del patto di stabilità e crescita deve affrontare questi vincoli anacronistici, senza alcun fondamento, che svantaggiano l’Italia e favoriscono paesi come Francia e Germania. Il 3% e il 60% restano immutati, ma sono il nocciolo del problema che persiste da quasi 40 anni.
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