L’inceneritore (o termovalorizzatore) di Santa Palomba – Roma Sud – sarà realtà. A partire dal 2024 inizieranno i lavori, per rendere operativa la struttura nel 2026. Il piano di finanziamenti approvato da Gualtieri prevede sia contributi pubblici per circa 40 milioni di una struttura che ne richiederà 700.
Niente Pnrr, visto che la direzione dell’Europa è opposta a quella dei termovalorizzatori, sempre meno presenti anche nel suolo italiano.
L’alternativa infatti c’è. Si tratta di quel piano differenziata-recupero che porterebbe il rifiuto ad avere nuovo vita. Il tutto senza il rischio diossina, che viene prodotta dalla combustione della plastica e rovina drasticamente la qualità dell’aria. Ma davvero la differenziata può rappresentare un’alternativa? Abbiamo chiesto di più all’esperto di diritto amministrativo Enrico Michetti.
“Mettere lì quel manufatto, anche soltanto dall’impatto paesaggistico e ambientale, è una disgrazia. Per non parlare dell’impatto sulla salute. Se si smaltisce la plastica nell’indifferenziato, se non smaltita bene, la plastica è diossina. Il rischio per questioni sanitarie c’è. La plastica o il legno si possono riciclare, ma devi fare impianti per il riciclo. Occorre fare isole ecologiche, impianti di trattamento. Il rifiuto va smaltito nel luogo in cui si produce. Le imprese devono avere microimpianti che smaltiscono le scorie. Ci deve essere una polverizzazione sul territorio, non prendere rifiuti da tutta Italia e collocarli in un posto solo.
Copenaghen ha scelto una strada diversa ora, non quella dell’incenerimento. Negli anni ’90 si iniziarono a fare inceneritori perché era una forma di smaltimento migliore rispetto a quella della discarica, ma adesso c’è l’opportunità del riciclo e del riutilizzo: qualcosa che non deturpa l’ambiente e la salute“.
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