Due diapositive del Mondiale vinto dall’Argentina stanno animando il dibattito pubblico. La prima è quella con Leo Messi che, su Instagram, alza la Coppa del mondo e monopolizza l’attenzione diventando il contenuto più popolare della storia del social network. L’altra, sempre con il capitano dell’Albiceleste protagonista, che immortala per sempre la squadra e il suo leader alzare il trofeo nei cieli del Qatar. In questo caso, però, a fare scalpore è l’anomalia, l’intruso della foto. Messi è stato infatti ammantato da un Bisht nero trasparente, abito cerimoniale tipico del Medioriente e della penisola araba che viene indossato dai leader e dai capi tribù nelle occasioni trionfali. Molto è stato scritto sul gesto dell’emiro Al-Thani, un atto di arroganza messo in pratica con la complicità di Gianni Infantino, presidente della FIFA, per imprimere nella Storia il marchio della dinastia regnante qatarina. Per intenderci, in tutte le future sigle dei Mondiali si vedrà la camiseta albiceleste coperta da questa sorta di palandrana nerastra.
Qatar e FIFA si sono appellate al “protocollo” e alla “tradizione” per giustificare questo inedito ospite della premiazione finale. A quanto pare, però, il gesto avrebbe violato il regolamento della competizione. Secondo l’articolo 27 comma 2 della sezione relativa all’equipment regulation (norme relative all’abbigliamento), si legge: “Nelle finali della competizione FIFA, l’abbigliamento commemorativo può essere indossato sul campo solo dopo che sono state svolte le attività ufficiali FIFA (durante le quali la squadra deve indossare solo le maglie usate durante la partita in questione) durante le quali la squadra deve indossare le maglie indossate durante la partita in questione): la consegna del trofeo [!!!]; le fotografie ufficiali della FIFA; e le apparizioni sui media ufficiali”. Infantino, dunque, non solo ha recitato la parte dello scudiero dell’emiro, ma ha collaborato con quest’ultimo in una deliberata violazione del regolamento dell’istituzione che presiede. Dopo le rivedibili uscite sui diritti delle minoranze e le omissioni sulle morti occorse per costruire gli stadi, l’ennesimo passo falso di un’istituzione la cui credibilità è ai minimi storici.
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