Lo vediamo quotidianamente: nella società odierna non conta tanto la realtà dei fatti, bensì quello che ti viene raccontato. «I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo», dice Wittgenstein, e un mondo limitato all’apparire si fa strada in primis sul linguaggio. Lo mette per iscritto anche un certo Klaus Schwab nel suo nuovo libro sulle grandi narrazioni: “Quello che conta”, dice, “è la narrazione, il racconto”.
In cosa si traduce questa scuola di pensiero? Cambiando le parole, si dà il la al cambiamento del mondo.
Così si traducono anche le polemiche sul maschile e sul femminile, ignorando che da sempre i generi neutri vanno declinati al maschile: “In questi anni siamo stati governati attraverso l’uso delle parole. Questo non solo attraverso aspetti grotteschi come ‘presidenta’ o ‘capa trena’, ma proprio sulla manipolazione della realtà attraverso il linguaggio“.
La riflessione di Francesco Borgonovo è sostanziale, oltre che formale: “Non solo le parole cambiano desinenza, ma cambiano significato. Pensate a una persona malata; fino a ieri era qualcuno con un disturbo, qualcuno che non sta bene. Oggi cos’è un malato? Un possessore o meno di una tessera. E’ cambiato anche il significato della malattia, che non è più qualcosa riguardo il sentire, ma qualcosa che è deciso dal potere burocratico. Non conta la verità o la realtà dei fatti, conta solo quello che ti raccontano“.
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