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Sta emergendo il vero volto di Giorgia Meloni? Tecnici al Governo e in ginocchio da Mario Draghi

Non cessa di destare stupore e meraviglia, almeno in quanti non avessero saputo prevedere ciò che sarebbe accaduto, l‘operato del nuovo Governo che si sta costruendo intorno alla figura di Giorgia Meloni, il Governo di quella che abbiamo in più occasioni appellato ‘la Destra bluette neoliberale’. Si tratta di un Governo che, ovviamente, le ‘Sinistre fucsia arcobaleno’ continuano, abbaiando, ad appellare ‘fascista’, ma che in realtà di fascista non ha proprio nulla essendo, sic et simpliciter, un Governo neoliberale di Destra, proprio come le ‘Sinistre fucsia’, che tanto ululano e abbaiano contro il Fascismo di ritorno della Destra, non hanno più nulla di comunista, essendo decaffeinate e scolorite divenendo, da rosse che erano, fucsia, quando non direttamente arcobaleno. Insomma, oggi il giuoco della politica è quello di un’alternanza senza alternativa tra una ‘Destra bluette liberale’ e una ‘Sinistra fucsia liberale’, di modo che quale che sia la parte vincente, comandi comunque il banco neoliberale. Ed è esattamente quello che sta accadendo.

Tre punti ci permettono già di chiarire in maniera ulteriore quanto detto in relazione a un Governo, quello che si sta formando capitanato dalla ‘Destra bluette’, che di fatto si pone stabilmente sotto il segno del neoliberismo come razionalità dei mercati per i mercati, e dunque come razionalità politica dei gruppi dominanti sans frontières. Il primo punto è l’atlantismo ostentato da subito dalla Destra neoliberale bluette, che senza infingimenti e senza ambage ha chiarito il proprio posizionamento in funzione atlantista per la NATO e contro la Russia e tutti gli altri Stati non allineati con Washington. In secondo luogo, ed è notizia di qualche giorno addietro, abbiamo visto la ‘Destra bluette’ recarsi col cappello in mano da Mario Draghi, l’euroinomane di Bruxelles, per chiedere consigli e per chiedere appoggio e sostegno e per avere in qualche modo la benedizione dall’Unto dei mercati.

E adesso, dulcis in fundo, vediamo che in questi giorni Giorgia Meloni e la sua fazione politica invocano i tecnici al Governo. Addirittura, si è fatta menzione di dodici possibili nomine di tecnici. Nihil novi sub sole: siamo abituati ormai da tempo alla governabilità – ossia alla governance – con gestione dello Stato come se fosse un’impresa capitalistica affidata ai tecnici, quindi non ai politici di professione. Sotto questo riguardo, troviamo confermata la nostra tesi del superamento della dicotomia di una Destra e di una Sinistra ormai ugualmente organiche al capitale, sotto cui sono sussunte, e troviamo conferma anche della nostra tesi secondo cui l’ordine neoliberale del turbocapitalismo si legittima idealmente come democratico, ma risulta in realtà per sua essenza un’oligarchia plebiscitaria di marca finanziaria. Detto altrimenti, il turbocapitalismo impiega le procedure di legittimazione democratica e lo fa però per imporre dall’alto contenuti che democratici non sono.

Di più, contenuti che solo rispecchiano gli interessi e le decisioni dell’alto stesso, della plutocrazia neoliberale. L’alto, la plutocrazia neoliberale, decide in modo sovrano e autocratico nelle stanze chiuse della plutocrazia e nei suoi summit privatissimi, come il Gruppo Bildeberg o il World Economic Forum. In quei luoghi vengono decise in maniera sovrana le traiettorie da seguire e le riforme da attuare, le priorità da porre in essere. E poi, la plutocrazia neoliberale fa sì che queste decisioni vengano in atto realizzate dall’alternanza senza alternativa della ‘Sinistra bluette’ e della ‘Sinistra fucsia’, le quali sono legittimate mediante le elezioni in cui i popoli vengono interpellati e chiamati a scegliere liberamente e democraticamente quale delle due ali dell’aquila neoliberale dovrà di volta in volta attuare le scelte prese a monte dal vertice neoliberale stesso, di modo che appaia tutto perfettamente democratico cioè che in realtà tale non è, e con questo possiamo dire che sembra anche inverato il noto detto di Mark Twain, secondo cui il potere non ci consentirebbe neppure di votare se realmente votare servirebbe a cambiare l’ordine dei rapporti di forza.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro

Diego Fusaro

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