La notizia di questi giorni è: “A rischio di default quasi centomila imprese nel 2022” e “Esplosione del debito finanziario, 831mila sono i posti di lavoro in pericolo”. Vi voglio leggere queste informazioni perché molti mi chiedono quale sia la situazione italiana dell’economia. Ci eravamo illusi tra la fine del 2021 e i primi giorni del 2022 che, per le nostre imprese, il peggio fosse passato, benché i più attenti di noi sapevano dell’effetto allucinogeno del noto 110% che di fatto, come successo all’epoca Tremonti ha drogato il mercato immobiliare e relativo indotto e appannato la vista a molti rispetto ad altre azioni speculative, manipolazioni dei prezzi, delle materie prime già nel corso del 2021.
Così dalla padella pandemica ci ritroviamo ora sulla brace della speculazione, oltre a problematiche di tensioni internazionali e scarsità e costi delle materie prime e costi energetiche alle stelle. Su queste braci, circa 300mila imprese italiane rischiano di finire abbrustolite. Questo è il rischio di default del 2022 stimato da Cerved: 11 miliardi in più di debiti a rischio. Micro e piccole imprese sono più esposte agli effetti dell’inflazione.
Ora, quello che vi voglio raccontare in questa pillola è il fatto che ho visto durante la campagna elettorale grandi proclami di entusiasmo ma, attenzione, c’è un tema di cui molti si dimenticano: le imprese italiane, le piccole imprese. Da mesi denuncio un effetto asimmetrico. Le grandi imprese il Covid lo hanno recuperato nel giro di pochi mesi. Le borse hanno recuperato rapidamente gli shock scaturiti dal Covid in pochissimo tempo: sono ripartire e decollate nuovamente. Le altre non riescono a recuperare gli effetti degli shock internazionali e, dato che l’Italia è fatta al 95% da piccole, medie e micro imprese capite che questo è un problema.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi
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