Affinità inquietanti cingono la pandemia, di cui si aspetta solo una sorta di ufficialità per dichiararne la fine, alla guerra scoppiata lo scorso 24 febbraio. Non può passare inosservato il trattamento che per gli ultimi due anni è stato riservato agli “stregoni del virus”, lo stesso che adesso sta colpendo i presunti “filoputiniani d’Italia”.
Il dubbio viene marginalizzato a mero delirio, la critica viene etichettata come presa di posizione dalla parte del male. Sappiamo tutti la sorte che è toccata a professori del calibro di Giulio Tarro, Luigi Cavanna, Giuseppe De Donno (del quale in realtà ben poco si conosce). Sono stati insultati, denigrati, oscurati: i fatti gli hanno dato ragione. Sulla guerra è ancora presto per vedere uscire fuori la verità vera. Vale per tutti i conflitti e l’Ucraina in questo senso non fa eccezione.
È già tardi, invece, per porre rimedio alla “character assassination” che ha bersagliato il fotoreporter Giorgio Bianchi. Specialista delle questioni che riguardano quell’area dell’est Europa, Bianchi ha svelato i meccanismi sottesi alla propaganda di guerra in diretta con Fabio Duranti.
Ecco l’intervento di Giorgio Bianchi in collegamento dal Donbass a Un Giorno Speciale, con Francesco Vergovich.
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