Si diffonde soprattutto attraverso i media televisivi e le privatizzazioni del settore televisivo negli anni ’80 in Italia un che prevede nuovi eroi: l’uomo che si afferma da sé, il vincente, il mito americano. Anzi, è in questa sottocultura televisiva che si diffondono altre tecniche manipolatorie ancora oggi in voga, come l’uso distorto della Pnl – programmazione neurolinguistica, che fanno breccia in un popolo che cerca la scorciatoia dopo decenni di fatica. Il mito del consumo è molto più allettante di quello del risparmio. L’idea di avere tutto e subito è affascinante, specialmente se ti si convince di potere tutto.
È di tutta evidenza il fatto che il modello dominante in questi decenni, il modello neoliberista, fa credere alle persone che il conflitto nei confronti degli altri sia la strada giusta. E che si possa predominare sugli altri. Un mito che viene raccontato nel marketing soprattutto. O il mito delle esportazioni, che i Paesi possano praticamente solo esportare. Insomma, tutta una serie di miti che fanno però breccia su un punto debole dell’uomo: fare fatica non piace a nessuno.
Nel mondo contadino la fatica era considerata non soltanto un dovere, ma quasi un piacere, quasi un modo unico per portarsi il pane sulla tavola. È chiaro che in un mondo dominato dalla finanza, dove invece il messaggio è “perché fai fatica quando si può guadagnare facilmente”, si spiega alla gente che è possibile vivere senza far fatica, è possibile consumare senza risparmiare. Il mito del consumo, in effetti, indebitandosi è molto più comodo del mito del risparmio producendo ricchezza.
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